Più mi avvicino alla economia e più aumenta la paura.

Una cosa è chiara: la democrazia è in crisi. Scelte coraggiose sono impopolari, in caso di elezioni il popolo non voterà chi appoggia tali scelte.  L’uscita strategica della Lega serve da raccoglitore esterno. Rimane tuttavia che qualunque sia il governo che sostituirà Monti, di sinistra o di destra che sia, avrà brutte gatte da pelare.

È per questo che Berlusconi ha gettato la spugna lasciando fare ad altri il  “lavoro sporco”  in attesa del ritorno.  Osta solo l’età. Il suo opportunismo politico è ineccepibile, un fiuto da caimano.
Berlusconi probabilmente non lo rivedremo a meno che Monti non risani l’economia e si faccia poi da parte. Possiamo contare sulla seconda opportunità ma non certo sulla prima.

Le elezioni di aprile in Grecia, qualunque sia l’esito, vedranno espressa la volontà popolare e il fallimento da criptato come oggi appare, diverrà inevitabilmente palese.  Quello che accadrà dopo è difficilmente prevedibile. Ma povertà e disordini sociali di ogni tipo sono certi. Per certo inoltre si inasprirà quello che già sta accadendo in tutti i paesi dell’est, nonché in Portogallo, in Spagna e in Italia, il default è dietro l’angolo per tutti. E se Sparta piange Atene certo non ride, anche Francia, Germania e Inghilterra dovranno dire ai loro popoli “noi non siamo il Sud o l’Est dell’Europa”, come il nostro benamato Presidente ingenerosamente ha detto della Grecia.

Ce ne laviamo le mani e abbandoniamo tutti al loro destino con un “in fondo se la sono voluta” per lavare un po’ la coscienza. Quello che è certo è che è in atto un efferato piano turbo capitalista per mettere in ginocchio tutti i popoli da quello greco financo quello tedesco anche se ad accorgersene i paesi più ricchi tarderanno in proporzione alla ricchezza posseduta.

In conseguenza di tutto ciò solo un fronte internazionale di tutti i popoli potrà mettere fine al turbo capitalismo e alla carneficina.
La situazione è gravissima e bisogna stare attentissimi a non alimentare spinte nazionaliste mascherate da patriottismo e piuttosto spingere in tutti i modi alla formazione di un governo europeo che sappia mettere mano alla speculazione: un’internazionale socialista, naturalmente senza nessun richiamo al passato, si impone.

Occorre riflettere su quella che viene definita “volontà popolare” e comprendere fino in fondo che un popolo senza cultura porta al potere la mediocrità eleggendo avventurieri senza scrupoli che da sempre portano la nazione alla rovina. Essere dalla parte del popolo significa che non bisogna fare la volontà popolare. Questo ormai dovrebbe essere chiaro a tutti.  Al popolo si deve chiedere la fiducia, meritandola, ma mai fare quello che il popolo vuole sia fatto.  Bisogna avere Il coraggio della responsabilità.

Volere e sapere qual è il bene della nazione e convincere il popolo per il bene della nazione: questa è la politica. Il rischio ora è che in ogni singola nazione grazie al fallimentare sistema democratico arrivino al potere populisti di ogni sorta che irresponsabilmente guidino la nazione in avventure senza ritorno.

Vivo in una nazione in cui non è ancora chiaro a nessuno la differenza tra politica e partitica, tra chi difende con responsabilità il bene comune e chi difende senza scrupoli solo interessi di parte, in cui sono questi ultimi a essere maggioranza e ad essere eletti. Ancora non esiste l’idea né di bene comune, koinè culturale , né di Stato. Il deficit culturale in Italia è abissale, ancor più del debito, e solo con la cultura si potrà rimediare alla crisi.

Nessuno oggi può ragionevolmente pensare di sollevare Monti, il suo mandato deve arrivare a scadenza e probabilmente il suo stile e metodo dovranno proseguire, togliere la credibilità al paese oggi è un suicidio. Monti è un rospo che va digerito. Tuttavia nel contempo bisogna da subito lavorare per un’ internazionale socialista.  Appoggiare tutti gli stati che favoriscono questa idea.

Nel frattempo rimane che se non si aumenta la domanda aumentando i salari la produzione è inevitabilmente destinata a rallentare e la recessione e il default  sicuri. La redistribuzione del reddito è indispensabile, indispensabile un controllo della speculazione, indispensabile un aumento dell’occupazione. Indispensabile la cancellazione delle mafie dal territorio, indispensabile la lotta all’evasione fiscale, indispensabile la lotta alla corruzione, indispensabile il riequilibrio dei posti pubblici. Indispensabile industrializzare il sud per cambiarne radicalmente la mentalità senza creare contrapposizioni.

Indispensabile invertire gradualmente la tendenza: nazionalizzare anziché privatizzare assumendo nello stato personale altamente qualificato secondo merito che si fondi sulla preparazione quanto sull’onestà. Un problema quest’ultimo alquanto trascurato dalla politica, la questione morale non è un problema è il problema.

Analisi per bontà dicibili grossolane dibattono da secoli se sia meglio nazionalizzare o privatizzare prendendo ad esempio la ex Unione Sovietica e glui Stati Uniti d’America. Non ho parole per tale insipienza. Su inesprimibili insipienze si è fondata da sempre la scelta di campo. L’idea è sempre la stessa “se ci credono in tanti allora esiste”.

Diversamente, molto diversamente, rimane chiaro che se nello Stato vengono assunte persone che si fanno servitori dello stato, ovvero lavorano non per sé, ma per il bene comune, statalizzare è la soluzione ideale. Se contrariamente, come avviene di fatto, vengono assunti parenti, amici, conoscenti o vengono assegnati posti per voto di scambio e comunque persone che dello stato e di servire stato non hanno mai avuto idea né intenzione, non hanno mai avuto neppure idea dello Stato, dico della sua esistenza, o peggio lo vedono come un avversario, uno che porta via loro i soldi con le tasse, in una tale mentalità privatizzare rimane per certo l’unica via d’uscita.

Dato il basso livello di coscienza, privatizzare nel passato è sempre stata la soluzione in tutti i paesi della terra. Tanto più bassa è la coscienza tanto più si rende necessario privatizzare, lasciare ai mercati la guida mondiale. L’idea di togliere potere ai mercati senza far crescere la coscienza popolare, senza aumentare la cultura, statalizzando è da sempre a dir poco perdente e fallimentare. La cultura, la coscienza popolare rimane in entrambi i casi il problema.

Anche i privati non pensino di non far parte della comunità, di avere lo Stato come terzo se non come controparte. Mi tocca sentire discorsi del tipo” io pago la scuola privata, vado dal medico privatamente perché devo pagare le tasse?”. Al privato è concesso di arricchirsi solo se ha chiaro in mente di far parte di una collettività e di dovere alla comunità e alla sua storia la sua ricchezza. Nessuno si è fatto da solo, tutti dobbiamo tutto ai padri. Non a nostro padre, ma a quanto tutti si sono sacrificati per garantire a noi il nostro benessere a partire da Adamo ed Eva.

Solo per concessione della collettività il privato può ottenere il permesso di vivere e anche di arricchirsi e alla collettività deve comunque contribuire e alla collettività deve comunque rendere conto. E non solo pagando le tasse. Siamo tutti servitori dello Stato. Questa morale, per inciso “protestante”, è entrata a far parte del mondo anglosassone, sa va sans dire, e non a caso gli anglosassoni sono i paesi più avanzati non solo economicamente ma anche in civiltà. Questa morale deve entrare nella testa di Confindustria e di tutti gli associati, messa nello Statuto. Anche qui per chi ha inteso serve  cultura: il più grave deficit per ogni paese è la cultura e dunque senza cultura non usciremo dalla crisi.

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