Rottamazione o secessione?

Gran traffico sulla strada per l’Aventino: c’è chi vi sale e chi vi discende.  E’ più facile che un politico nuovo o meno scenda in campo che mantenere lo spirito critico in uno spazio reso sempre più ristretto dalle vergogne dell’esercizio del potere. Tuttavia sappiamo anche che “il male che gli uomini compiono si prolunga oltre la loro vita, mentre il bene viene spesso sepolto insieme alle loro ossa”.  Tra i motivi che rendono gli scandali attuali del potere ben più gravi e preoccupanti di tangentopoli v’è il progressivo sottrarsi dall’impegno di governo di personalità politiche e tecniche di valore. Il fenomeno è correlato all’allontanamento nel popolo dall’interesse nella politica  e  al  progressivo aumento del voto di protesta e dell’astensionismo.  Oggi è l’ideologia dell’età dopo quella di genere, per altro ancora viva e diffusa, a condizionare e forse  anche a fornire un alibi per il ritiro (o la fuga?) nel privato

Nelle circostanze in cui si trova la  democrazia in Italia le persone per bene (ribadisco persone non “i-giovani” o “le-donne”) hanno il dovere morale di mettersi a disposizione del Paese e i governanti la responsabilità di farli emergere per utilizzare i loro valore.  In questa prospettiva la società civile (sic!) dovrebbe pretendere dai candidati alle Primarie che si esprimessero con chiarezza e determinazione  sia sui programmi,  sia sulle persone su cui si intende contare per la rinascita, per esempio, quale personalità ai miniseri per l’economia, gli esteri, welfare state,   cultura,   lavoro …

Dopo l’abbinamento  Napolitano – Monti che ha avuto se non altro il merito di aver  restituito credibilità di fronte al mondo, quale visione per la coincidenza delle due prossime elezioni alle massime  cariche istituzionali e politiche?  Cosa pensano i candidati, per esempio, sulla disponibilità a proporre e a sostenere  la candidatura di Mario Monti alla Presidenza della Repubblica?

Pensando ai nomi che in questi giorni e ancor più nei prossimi sfileranno sulla passerella mediatica tra scandali, dimissioni, ritiri, candidature, noi cittadini participeremo alle Primarie “per seppellire le loro ossa o per tesserne le lodi”?

 

 




Vinca il peggiore.

Guido Rossi sullo Stato etico: “Eppure i principi della morale, benché riguardino solo la sfera individuale, secondo l’insegnamento di Benedetto Croce sono ben superiori a quelli della politica, con la quale non possono essere confusi; né tantomeno possono essere accostati al diritto, il cui scopo non è la disciplina della morale alla quale, salvo ambigui richiami, rimane del tutto indifferente. Lo stesso Hegel, che pur aveva influenzato Croce, al contrario riteneva la politica superiore alla morale individuale, poiché lo Stato era da lui considerato l’unica realtà etica nella cui eticità si attuava la libertà del cittadino”.  Siamo alle solite.  Siamo al “pensiero” che si richiama a citazioni e avvenimenti storici per spiegare autorevolmente questioni meritevoli di ben diversa analisi.

“Stato etico” è il nome assunto e dato ai passati regimi nati nell’ideologia totalitaria, prendendo spunto da Hobbes e Hegel come degenerazione del loro pensiero, nome ormai aborrito e in uso per indicare malefatte di poteri dittatoriali.  Il nome evoca nei risultati sofferenza, sterminio, morte e distruzione; l’olocausto avvenuto come conseguenza di un concetto, di un’ideologia, di un pensiero ora identificato i un nome ”lo Stato etico”. Il pathos si lega al termine e come al solito e come sempre insieme all’acqua sporca si butta via anche il bambino. Risultato è il pensiero debole: uno stato non deve essere etico. Il vizio supremo è la superficialità.

Ci mancherebbe altro che uno stato non debba essere etico, che uno stato non debba seguire alcuna morale!  Ciò è talmente evidente (ma non per tutti e non per i più) che rimane ovvio che per “Stato etico” si debba intendere un concetto ben differente da uno stato morale, essendo la morale quel bambino gettato via con l’acqua sporca.

Eppure un pensiero debole e malavitoso per 17 anni ha bandito ogni etica dal quotidiano separando nettamente il privato dal pubblico, la condotta morale del cittadino dai doveri del cittadino verso lo Stato.  A seguito di intendimenti poveri e striscianti della morale, da sempre condannata come “moralismo” (un nemico che la morale ha in odio come Dio il Diavolo) il berlusconismo ha trascinato il bambino nel fango.

Per un timore passato di  accostare “Stato” a “etica” nessuno all’opposizione ha levato la testa per difendere la morale, per proclamare che la morale è questione dello Stato, che uno Stato ha il dovere e l’obbligo di essere morale e di interessarsi di morale. Anche di quella privata. In che modo e in che limiti è altra, diversa, diversissima e fondamentale questione.

Che relazione c’è tra lo “Stato etico” così come anticamente inteso e uno “Stato morale” così come dovrebbe essere inteso?  Ovviamente nessuna.  Ma è bastato un nome per confondere gli intendimenti di tutti.  Non solo alla gente del popolo, ma anche a insigni avvocati e studiosi e politici che non sanno o non osano andare e di fatto non vanno oltre al nome. Grazie al passato Stato e morale non devono più essere accostati, un insegnamento assurto a un assurdo tabù.

Con “Stato etico” si è sempre inteso il dovere da parte dello stato di imporre individualmente la morale, di intervenire sulla morale privata dei singoli i cittadini, nella convinzione che il singolo debba sacrificare la propria morale per la superiore autorità dello Stato in cui si identifica superandolo lo spirito di tutti.

E poiché la morale imposta è stata in passato quella delle dittature (nazismo, fascismo, comunismo) si è deciso di demonizzare senz’altro lo “Stato etico” generalizzando: “Nessuna morale può essere imposta dallo Stato agli individui, la morale è e deve restare (secondo un concetto crociano) un fatto privato, un valore individuale”. Questo grande pensiero è ormai nella testa di tutti. La morale di fatto viene identificata con fini ideologici chiamati ad hoc fini morali. Una totale confusione di mezzi e fini, di educazione e di ideologia.

Premesso che la morale non può essere imposta, penso che non costituisca delitto educare, educare civilmente secondo una morale riconoscibile in linea di principio da tutti nei mezzi e non nei fini. Questo non può avvenire senza il riconoscimento dell’assoluto in morale. Affermando l’assoluto della verità morale noi affermiamo di contro a ogni relativismo la verità dell’Assoluto. Ovvero ritengo che uno Stato non solo possa, ma abbia il dovere di essere etico e di educare i propri cittadini. Ritengo che la cultura abbia il compito di portare a maturazione lo spirito dei cittadini al fine di un innalzamento generale della civiltà di un popolo ai fini di una migliore convivenza. Educare i cittadini secondo un senso morale assoluto e condiviso dovrebbe essere il primo dovere di ogni governo ben al di sopra di ogni intendimento economico.

Educare non significa ovviamente indottrinare, ovvero convertire la popolazione a una qualsivoglia ideologia o dottrina. L’Assoluto in morale si pone nell’idealità dei mezzi. Lontano dall’intervenire ideologicamente nella sfera privata, lo Stato deve tuttavia in ogni caso procurare ai cittadini ogni possibile mezzo per la maturazione spirituale. Educazione ovviamente che non si limiti al sapere erudito, ma che implica l’emancipazione dello spirito.

Alla fine tutto è molto banale e ovvio. Non deve essere proibito insegnare valori morali quali onestà, integrità, sincerità, amicizia, lealtà, correttezza, rettitudine, serietà, solidarietà, partecipazione, fratellanza, tolleranza, comprensione, disponibilità, generosità, liberalità, disinteresse, imparzialità, equità, giustizia, rispetto, considerazione, devozione, compassione … su tali valori mi aspetto siano scritti, diffusi libri, libri di testo per le scuole.

Sapere quanto siamo lontani da questo mi dice quanto siamo lontani dalla civiltà. Attualmente tali valori non solo non vengono insegnati, ma neppure discussi in alcun modo in alcun luogo. Ognuno dell’amicizia ha una privata mentalità e su che cosa debba intendersi non ci sono né riferimenti né discussioni.

Eppure sono tutti valori assoluti e universali, di massima importanza per il sociale, indipendenti da qualsiasi intendimento politico e religioso, valori ai quali nessuno è educato e a cui nessuno Stato non si sogna né si preoccupa di educare, neppure attraverso istituzioni scolastiche. L’educazione spirituale è sconosciuta. Sono, dicono, valori sottointesi in vero sono valori “sotto intesi” o non intesi per intero dalla stragrande maggioranza della popolazione.

Di conseguenza nella così detta “libertà di pensiero” l’educazione di fatto la fanno i mass media, sono i mass media a suggerire modelli di riferimento e la così detta libertà di pensiero riguarda da ultimo la ricerca esasperata dell’ultimo smartphone e del profitto procurato dai furbi a danno degli altri, la credenza in valori che tristemente nuocciono al prossimo per una immoralità condivisa diffusa e disseminata per 17 anni nel silenzio dell’opposizione per totale ignoranza del problema educativo lasciato interamente nelle mani delle parrocchie.

In 17 anni sono stai insegnati ricchezza, agiatezza, benessere, popolarità, fama, affermazione, lussuria, lascivia, prostituzione, competizione, agonismo, concorrenza, meritocrazia, nepotismo, favoreggiamento, clientelismo, concussione, corruzione, falso, ipocrisia, interesse, furbizia, disonestà …, tutti ingredienti utili per avere realisticamente successo nella vita.  Vinca il peggiore.




L’importanza di chiamarsi…onesto.

In una ragnatela di fatti quotidiani ci siam forse dimenticati di essere compagni?  A chi si chiede che cosa si debba intendere per cultura è bene   richiamare un concetto fondamentale.  La cultura non si esprime solo attraverso la scienza, l’arte o lo spettacolo, ma nel concreto della vita quotidiana, nelle relazioni sociali tra individuo e individuo e individuo e istituzioni.

Il legame che unisce ogni singolo individuo con il prossimo è di natura morale e si fonda su determinati valori, valori che sono stati vessati nel nostro paese in modo ignominioso negli ultimi vent’anni da una parte politica e trascurati colpevolmente dall’altra.

Il recupero di questi valori è fondamentale per la rinascita.  Con fratellanza e amicizia, da un punto di vista oggettivo, si indica un tipo di legame sociale accompagnato da un sentimento di affetto vivo e reciproco tra due o più persone caratterizzato da una rilevante carica emotiva e fondante la vita sociale, un rapporto alla pari basato sul rispetto, la stima, e la disponibilità.

Tracciando un profilo del valore e della natura dell’amicizia ci si deve opporre alla creazione di relazioni personali a scopo di sostegno politico per un legame interessato, ma diversamente si deve porre alle fondamenta valori come virtus e probita, onestà intellettuale, al di là  di ogni “cerchia” ristretta, della nobilitas o della casta, in una disperata necessità di rapporti sinceri.

Ricordiamo la Dichiarazione dei diritti e doveri del cittadino, parte integrante e iniziale della Costituzione francese dell’anno III (1795), dove la Fraternité, terzo elemento del motto repubblicano, è definita così: «Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi; fate costantemente agli altri il bene che vorreste ricevere».




Flussi e reflussi economici.

Se potessi controllare le dieci banche più potenti del mondo farei così: abbasserei i tassi di interesse a livelli minimi in modo che tutti prendano a prestito denaro dalle banche indebitandosi. La massa monetaria riversata sul mercato avvia l’economia. Si costruiscono case, sorgono imprese, strutture e infrastrutture. Tutti beni immobili tangibili reali. Poi alzerei progressivamente i tassi di interesse finché la gente non sarà più in grado non solo di restituire il capitale ma neppure gli interessi sul debito. A quel punto tutti saranno costretti a vendere, i prezzi di ogni bene crollerà e io acquisterei tutto per pochi spiccioli.

Semplicissimo. Se è possibile perché non farlo?  Ma i soldi per finanziare tutti all’inizio dove li trovi?  Semplicissimo, prima li stampavo, adesso mi basta digitare.

Ma non hai paura che la gente capisca e si ribelli?  Nessun problema. Chiameremo il progetto Mercato, Economia e Alta finanza e ci serviremo di tecnici che complicheranno il sistema in modo tale che nessuno ne capisca niente, neppure i tecnici che ci lavorano. La gente poi non si interesserà più a nulla.  La gente del resto pensa a cose concrete, pensa alla pagnotta.  Semplice e geniale, facciamolo.  Già fatto.

Nel difficile 1936, attaccato dal grande establishment conservatore, nel mezzo di una crisi non meno grave dell’attuale, alla vigilia della seconda guerra mondiale, Franklin D. Roosevelt, così parlò alla sua gente in un intervento elettorale al Madison Square Garden:

“Per quattro anni avete avuto una amministrazione che invece di girarsi i pollici si è arrotolata le maniche della camicia. E terremo queste maniche arrotolate. Abbiamo dovuto combattere con tutti i vecchi nemici della pace, il monopolio finanziario e degli affari, la speculazione, le pratiche bancarie senza scrupoli, l’antagonismo di classe, la speculazione di guerra. Hanno cominciato a considerare il governo degli Stati Uniti come una semplice appendice dei loro affari. E ora noi sappiamo che il governo del denaro organizzato è tanto pericoloso quanto il governo delle masse organizzate. Mai prima nella storia del nostro Paese queste forze sono state così unite contro un candidato. Unanimi nel loro odio contro di me – e io dò il benvenuto al loro odio “.




La cattiva politica

 “Papà, ma lo sai che se dai del “ladro” a un ladro commetti ugualmente un reato?”. Lo sapevo. Chi da del ladro a un ladro si rende colpevole del reato di diffamazione indipendente dalla veridicità dell’asserito. Ma mio figlio è avvocato, crede nella legge in modo assoluto.

Chi invece non ci crede è il Presidente della Camera Gianfranco Fini, che pure conosce la legge, il quale ha dato del “corruttore” a Berlusconi.  Alla trasmissione “Ballarò” ha dichiarato che non teme di essere incriminato in quanto quando convocato dimostrerà la veridicità di quanto asserito pur sapendo che la veridicità del fatto non assolve l’attore della denuncia.  ia chiaro fin da ora che anche qualora Fini fosse condannato per diffamazione questo non scagionerebbe in nulla Berlusconi. Non dubito che giornali faziosi e mendaci che si rivolgono a un popolino tifoso, ignorante e di parte non mancheranno per l’occasione di trarre benefici dell’accaduto.

Ma ora la domanda è questa : sapendo che la veridicità dell’accusa non assolve l’attore dal reato di diffamazione, perché Fini l’ha fatto? Credo che a Fini siano saltati i nervi e che l’accusa gli sia sfuggita in un clima di esasperazione e ora per rimediare stia dicendo a Berlusconi “se non ritiri la denuncia io parlo”. E a parlare non sarà un pentito ma il Presidente della Camera.  Le orecchie dei magistrati non potranno essere le stesse. L’arroganza dovrà rimanere fuori dall’aula anche per loro, anche quella di mestiere.

Tutto questo si vedrà o forse non si vedrà quello che ora è certo è che noi viviamo in un Paese in cui il Presidente della Camera è accusato di diffamazione dall’ex Presidente del Consiglio, e in cui l’ex Presidente del Consiglio è accusato di corruzione dal Presidente della Camera. Urbi et orbi questo non è mai accaduto nella storia. Un altro indubbio primato.




Populus populi lupus

Così parlò Franco Fiorito: “E poi in carcere non credo che troverò gente peggiore di quella che ho frequentato in regione e nel partito. Anzi”  e ancora:  “Hanno abusato della mia negligenza”.  Dove e come ha vissuto certa gente ? Che visione ha avuto del mondo? Chiamano “realismo“ ciniche realtà indifferenti ai bisogni altrui e fedeli al pensiero individualistico e utilitaristico.

“Anch’io in gioventù credevo … poi la dura realtà” dicono.  Banalissimi cliché, spiriti immaturi precocemente maturati che non si smuovono e non progrediscono per tutta la vita, povertà intellettuale che si realizza in pochissimi assiomi e pochissime frasi.  Loro, che hanno capito la vita, mostrano in questa bella e profonda pensata la pochezza dell’uomo e la debolezza dello spirito.  Si nutrono di volgarità a dismisura, che piacciono al popolino e che il popolino volentieri compiace.

Costoro, appartengano o meno al popolo, quelli che appartengono al popolo sono i peggiori, una volta fatta la “scelta” si circondano di “amicizie” viziate all’origine da comportamenti che si adeguano alle circostanze mirando a trarne comunque profitto. Cercano ovunque “compagni di merende”, sorridono e sorridendo condannano con sufficienza qualsiasi morale, condannando la morale come moralismo.  Morale non è cosa che si mangia, dicono, e il popolino è d’accordo.  Morale è cosa che riguarda comunque gli altri, meglio anzi se non riguarda nessuno: una immoralità condivisa aiuta il potere.

“I giovani, insistono, sono solo degli idealisti, degli illusi”.  Anche Fiorito è stato giovane, anche lui ha tirato le monetine a Craxi.  Errori di gioventù, di quando anche lui si illudeva.  ”La realtà è un’altra” dicono e si dicono e compiacciono se stessi in ogni genere di iniquità che rechi loro, per quanto piccolo, qualche vantaggio.  Chiamano per nome il barista: “Luigi, un caffè per cortesia”, sono democratici loro, in fabbrica si mettono l’elmetto.  “Dammi mille lire e voto per chi vuoi”.  Se occorre stringono le mani a tutti.  Stringere mani non costa nulla, porta solo benefici.  Avere la faccia come il culo è assoluta necessità, un insegnamento di vita che ha il suo tornaconto e lascia gli altri ad abbaiare.  Sorrisi in pubblico e privata arroganza.  Lacchè e cani devono stare al loro posto.  Ai lacchè tocca qualche volta, rara o molto rara, la galera.  “Certo Fiorito, ti credo, ti crediamo, non eri certo il peggiore. Anzi”.  Tu il capo espiatorio, tu a scontare per tutti.  Del resto che vuoi, è sempre così, bisogna essere realisti”.

Avidità, cinismo, realismo e mansioni atte a ricevere un emolumento con il quale soddisfare la propria crapuloneria. “Avevo un tremendo bisogno di questo Suv”, (Franco Fiorito).  Si riassume in questa morale la cattiva politica, il berloscon pensiero, la dottrina che ancora regge le sorti del Paese che da una mentalità paesana non si è mai emancipato.

Bisogna riflettere che sono queste, con questa morale, le persone che occupano gli scranni e che se sono queste le persone di cui molta gente nel popolo condivide la “morale” e che vota.  Gente arresi da sempre che si proclama vincitrice per essere salita sul carro o invidiosa perché non c’è salita.  Bisogna riflettere e comprendere che al di sopra di intendimenti economici nulla cambia se non in proporzione al cambiamento della mentalità.  Solo la cultura ci salverà.