Ebola non è virale nei social network.

virus ebolaMentre il Pentagono spiazza le dichiarazioni del Presidente Obama non escludendo la possibilità di inviare forze terrestri in prima linea per distruggere i miliziani jihadisti dello Stato islamico dell’Isis, tremila soldati americani sono già stati inviati nell’Africa Occidentale (Liberia) per arginare l’epidemia del virus Ebola, perché come ha dichiarato lo stesso Presidente Obama  questa epidemia è da considerarsi anche “una minaccia potenziale alla sicurezza globale e il mondo ha la responsabilità di agire”.

Non ci siamo ancora assuefatti all’orrore delle immagini dei cadaveri di migranti galleggianti sul mare nostrum e a quelle delle decapitazioni dei prigionieri eseguite dai terroristi per poter percepire l’orrore dei cadaveri colpiti dal virus ebola. Nel frattempo, nella nostra diffusa insicurezza, ci abituiamo alla visione di fiction sempre più realistiche e alla presenza delle forze militari in ogni situazione sia di guerra che di pace. E la razionalità scientifica del metodo sperimentale che affronta una variabile alla volta non aiuta la nostra coscienza, perchè è propria della nostra percezione e della politica (l’arte di governare le società) la necessità di comprendere e controllare più variabili simultaneamente.

Terrorismo, epidemie, cambiamento climatico, crisi economica, migrazione sono emergenze non nuove alla storia se considerate singolarmente, ma il combinato disposto di queste emergenze oramai globali, per la loro intensità e la loro velocità di diffusione, lascia sgomenti provocando uno stato di smarrimento che prelude alla paranoia collettiva. Sostiene Luigi Zoja che al paranoia è uno stato d’animo sempre più frequente e dal quale “chiunque può esserne contagiato“. Più che a una patologia, infatti, la paranoia somiglia oggi ad un sentimento generale, diffuso, accentuato dalla crisi e dall’inevitabile disorientamento che essa produce. Si ripropone dilemma: qual è il nuovo nemico? Dobbiamo temere le nostre paure.