L’ignoranza non ammette confutazioni

imagesLa legge evolutiva: “Il tempo rende certo quello che è altamente improbabile”; la legge dei grandi numeri: “Datemi un tempo sufficientemente lungo e il rosso uscirà di seguito cento volte”. Così l’evoluzione: quello che è eccezionale può diventare regola grazie alla selezione, non ha che da attendere. Attenzione però solo poche eccezioni sopravvivono per il resto “strage” e “olocausto” sono solo degli eufemismi. La dea Kalì rottama l’essente.

Scrive il paleontologo David M. Raup: “Le specie di animali e piante sulla Terra sono circa quaranta milioni. Nelle epoche passate ne sono esistite fra i cinque e i cinquanta miliardi. Perciò solo una su mille vive ancora. L’insuccesso è del 99,9 per cento: un record di sopravvivenza davvero misero. La regola, dunque, è che le specie si estinguono.”

Con buona pace degli ambientalisti con cui pur concordo nella salvazione, bisogna tuttavia rendersi conto che la regola è l’estinzione e che il tentativo di salvataggio è contronatura. La natura preserva il bello eliminando il brutto. Colgo l’occasione della citazione di uno scienziato evoluzionista per ricordare che tutto quello che l’uomo fa, in quanto civilizzato, è in disobbedienza assoluta alle leggi naturali. Il suo operato deriva da una recentissima emergenza che appartiene in chiave sociale alla sola specie uomo, una novità imprevista che ha nome compassione, sentimento per il quale viene salvato tutto ciò che per natura verrebbe eliminato.

Alla gente perbene sfugge totalmente questo concetto sicché “agire secondo natura” rimane per molti di loro un valore senz’altro positivo: bisogna agire secondo natura,  di contro agli eccessi della civiltà della tecnica.
Ebbene, la natura agisce per l’eliminazione di tutto ciò che non si conforma all’ambiente, l’eliminazione dei più deboli, degli inutili, degli incapaci. L’ ausmerzen messa in atto con la forza da Hitler era una pratica disumana che tuttavia  agiva secondo la logica della selezione naturale. Molto diversamente la civiltà umana è caratterizzata da un agire morale che nell’interesse della convivialità salva tutti coloro che per natura sarebbero eliminati.

Le estinzioni di massa sono un argomento popolare e la paura di far la fine dei dinosauri finisce spesso sulle copertine dei settimanali. Molta, troppa gente si dedica puntualmente all’escatologia. La fine del mondo e più in particolare dell’umanità, più che paventata sembrerebbe essere piuttosto morbosamente agognata.

La Bibbia segna l’inizio della specie Homo nel giro di qualche decina  di generazioni, si pensa al futuro in termini di millenni: da sempre la percezione del tempo è proporzionale all’ignoranza. Se l’ignoranza è giustificabile ai tempi dei nostri antenati date le loro scarse conoscenze scientifiche, il suo perdurare nell’ignoranza di quanto la scienza ha scoperto, con i richiami ai sacri testi o a immaginari new age, sconforta lo spirito e frena ora qualsiasi entusiasmo.

Per comprendere più razionalmente ovvero realmente come le cose sono andate è bene come sempre rivolgersi alla scienza e in particolare all’evoluzione. I dinosauri sono vissuti sulla terra per più di un centinaio di milioni di anni. È opportuno ora sapere che la nostra specie Homo sapiens sapiens è apparsa solo 200-250 mila anni fa e che la vita media di una specie si aggira su 4 milioni di anni. Non è detto che per la specie sapiens sapiens sia lo stesso, ma è più che probabile che esisterà per l’uomo l’anno 1.327.645, l’anno unmilionetrecentoventisettemilaseicentoquarantacinque, nel quale l’umanità sarà ancora giovane e in buona salute. Difficile immaginare che sarà di noi tra un secolo, figuriamoci tra un milione e più di anni, ma bisogna realizzare che una tale eventualità oggi più che probabile è pressoché certa nel tempo e in una tale prospettiva il senso di un “mille e non più mille” con cui tutti guardano al tempo misura solo l’abissale ignoranza in cui ha versato e versa tutt’ora l’umanità e il danno sociale derivato da una filosofia miope che recita: ognuno è libero di pensare come vuole.  Il fatto è che non esiste opinione nell’ignoranza: il pensiero può assurgere a opinione solo dopo e in proporzione alla conoscenza.

Se per un altro verso si pensa alla fine del mondo in base a considerazioni di carattere economico, politico e sociole per le quali siamo destinati all’autodistruzione è tutt’altra cosa, su cui si può e si deve anche riflettere e discutere, ma qui voglio solo contestare la superstizione che si rivolge al fato e al cielo, quella dell’anno mille che immancabilmente torna ogni fine millennio e che perdura nella coscienza di tutti anche dopo che la fine del mondo non c’è stata, poiché la coscienza dovuta all’ignoranza permane e non subisce sconfitte neppure nella smentita dei fatti. L’ignoranza non ammette confutazioni.

Così il tempo oggettivo sembra non dover mai raggiungere la temporalità, la coscienza soggettiva del tempo che segna il passo nel “qui ed ora” e che guarda cieca alla storia come alla vita dalla pagina sottile del presente.
Quanto riusciamo a quantificare in animo della memoria del tempo dimensiona il nostro spirito e la nostra percezione della realtà.
Solo una valutazione più possibile estensiva può giudicare il contingente e dare direzione all’azione. Fatta salva la buona fede un po’ meno di ignoranza non guasterebbe. Solo la cultura ci salverà.

 

 

 

 

 

 

 

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