L’uomo non è ciò che mangia.

UnknownIn fondo ma solo in fondo, le cose sono semplici. La scienza progredendo elimina le credenze delle epoche passate. Questo asserito è apodittico ovvero ovvio e incontrovertibile, ça va sans dire. Tra le credenze passate vanno senz’altro annoverate quelle contenute a proposito del mondo fenomenico nei “Sacri Testi” che nell’enunciazione mostrano nel merito unicamente la limitatezza delle conoscenze e delle credenze dell’epoca. Che male c’è? Che male ci sarebbe ad ammetterlo? Poi le cose si complicano, si fanno confuse. È prerogativa dell’ignoranza complicare le cose.

Con dire apodittico ovvero ovvio e incontrovertibile, questa volta un dictat, la Chiesa deve considerare come assolute tutte le verità contenute nei Sacri Testi in quanto “rivelate”, rivelate da Dio, così la Chiesa si è impegnata a sostenere pseudoverità che ritualmente vengono dalla Scienza di volta in volta sconfessate. Da qui il conflitto Chiesa-Scienza e il conseguente atteggiamento oscurantista della prima, ovvero un credo dottrinale e una politica ecclesiastica contraria da sempre anche se con forza e modalità diverse ad ogni progresso scientifico. Malgrado la Chiesa si mostri, come ovvio che sia, di volta in volta perdente di fronte alla Scienza tuttavia pare non capire la lezione e mantiene costantemente anche ai giorni nostri i “freni tirati”. Il suo alibi è “i fedeli non sono pronti” e “bisogna aspettare che anche l’ultima pecorella sia rientrata nell’ovile”.

Concordo in parte con questa posizione: ogni verità deve essere calata nel contingente in modo tale che gli uomini in catene in fondo alla caverna abituino i loro occhi alla luce (come insegna Platone nel Mito della caverna). Diversamente ti si rivolteranno contro, ti uccideranno . L’unica realtà per chi è in catene sono solo le ombre, solo ciò che appare. Il mondo dell’apparenza, la società dello spettacolo, è l’unica realtà a cui il popolo è aperto. Pur trattandosi di un’interpretazione e non della realtà, il percepito è l’unica realtà per chi non “vede”.

Ed è con questa pseudo realtà che chi ha occhi per vedere deve nel secolo confrontarsi. Il contingente dunque non permette al popolo la conoscenza diretta della Verità: la caduta delle pseudoverità contenute nei Sacri Testi possono diminuire la fede, e con essa il consenso e il potere della Chiesa. La distinzione tra un sapere fenomenico e un sapere religioso in termini di fede non è ancora interamente avvenuta presso la Chiesa, ancora si cerca di salvare le credenze legate all’epoca.

Certo non è più sostenibile affermare che la terra è piatta o che è al centro dell’universo, ma la rivoluzione copernicana non è stata ancora del tutto digerita e la teoria evoluzionista che spazza il creazionismo suona ancora blasfema nelle orecchie della maggior parte dei credenti. I teologi più illuminati ben sanno che Dio non è un uomo, e ora il Papa stesso ammette l’evoluzione. Recupera la creazione come un atto più complesso in mente dei. Ma queste verità non trovano terreno fertile presso i fedeli e questo perché si ritiene i fedeli non ancora pronti ad accettare tale distinzione. Il credo deve confortarli anche nelle cose materiali dell’esistenza e operare miracoli. La superstizione che si lega alla religione è tutt’altro che sconfitta. Con quanta prudenza la politica ecclesiastica offra ai fedeli le novità della scienza può essere motivo di critica, ma credo si debba accettare sul tema un civile confronto. Credo sia opportuno dare a Cesare quel che è di Cesare e lasciare alla Chiesa quel che è della Chiesa. Dovrebbe far parte di quell’atteggiamento dello spirito che viene definito come “pluralismo” e nella tolleranza ammettere strade diverse per conseguire la verità. Di contro tuttavia al relativismo per il quale diversamente la verità non esiste.

A giustificazione dell’operato della Chiesa aggiungo un altro parametro: la Chiesa deve operare nel contingente pensando alla propria esistenza non nei secoli ma nei millenni. Deve quindi calarsi nella realtà con grandissima prudenza, certa di non perdere consensi, seguendo passo, passo la crescita culturale dei fedeli. Si tratta di una messa a punto: due passi avanti e uno indietro. La Chiesa risulta essere così fedele alla mentalità di volta in volta espressa dai fedeli, termometro dell’ignorantia populi. Il dover mediare nel contingente tra verità e cultura presso i fedeli implica necessariamente oscurare secondo misura la verità. Problema non solo della Chiesa ma di qualunque potere comunque costituito. Ogni regime infatti si misura sulla cultura popolare, equilibrio tra la forma di potere costituita e la coscienza popolare conseguita.

Su un piano più estensivo, al di fuori di problematiche ecclesiastiche benché come sopra esposto ritenga prudente l’atteggiamento della Chiesa a calare verità scientifiche nel contingente, mi trovo tuttavia ad asserire che è immorale porre confini alla conoscenza, condannando senz’altro come oscurantista ogni atteggiamento volto a limitare qualsiasi ricerca o sperimentazione scientifica. Ciò che trovo sconveniente quindi da parte della Chiesa è sconfinare nel secolo, ostacolando all’interno della politica sociale ogni possibile progresso con una morale che appartiene alla sola Chiesa, morale spesso non condivisibile da chi alla Chiesa non appartiene e vorrebbe cercare la verità in ambiti più vasti. La Chiesa, come qualsiasi altra chiesa, non ha il Verbo anche se questa affermazione per ogni dottrina religiosa che ritenga per sé essere “la vera religione” suona ovviamente come eresia.

Il pluralismo per qualsiasi religione è inammissibile. L’atteggiamento ecclesiastico di fronte alle scoperte scientifiche è giustamente chiamato oscurantista quando e perché tende ad ostacolare la ricerca della verità. Si pone ora imperativo il problema di quale verità si stia trattando. Che cos’è la verità? In genere la confusione è tale perché non solo si scambia “questo per quello” ma anche perché si con-fonde, ovvero si fondono insieme significati diversi. Da che vita è vita, affermazione qui tutt’altro che retorica, esistono infatti diverse verità. Esiste una verità fenomenica che riguarda la Scienza e una verità fenomenologica legata allo Spirito che riguarda verità filosofiche, morali e teologiche. Direbbe Platone una cosa sono le cose, un’altra è lo spirito.

Un becero monismo che non considera la distinzione tra corpo e anima (comunque si voglia intendere lo spirito) affrancato da tempo da un altrettanto rozzo materialismo di varia provenienza, non ammettendo questa distinzione per motivi ideologici contingenti, con-fonde verità materiali con verità spirituali cosicché l’asserito a proposito delle verità contenute nei Sacri testi diviene uno, sia per i credenti che per i non credenti. Questa mancata distinzione tra materia e spirito sta quindi alla base di ogni possibile confusione. Questa ignoranza mantiene il presente in odio alla filosofia non solo tra il popolo ma anche tra intellettuali che al materialismo e al monismo si rifanno.

La tragedia è che la più sconvolgente avventura evolutiva di tutto l’universo da quando l’universo è esistito: la comparsa della vita che ha separato la materia facendola altro da sé, non è ancora appieno stata compresa e che contingenti e pur necessarie teorizzazioni ideologiche (parlo della Chiesa come del materialismo e molto altro) oscurano di volta in volta questo avvenimento negando lo Spirito nella sua fysis ed evoluzione come cosa in sé e per sé distinta dalla materia. La mancata distinzione nei testi sacri tra verità fenomeniche e verità spirituali poiché uno e solo uno era l’intendimento della verità nella testa di tutti ai tempi, confonde ancora oggi il pensiero religioso. D’altro canto il ritornello nietzschiano del “Dio è morto” ha ucciso col materialismo un male inteso spirito sicché verità morali e filosofiche hanno perso di forza e di significato. Alla fine abbiamo una Chiesa che recupera allo spirito questioni puramente fenomeniche e un pensiero laico che vorrebbe recuperare alla materia ciò che appartiene allo spirito.

Il termine Spirito viene di conseguenza da tutti mal-trattato, da un lato Spirito inteso come Spirito Santo e dall’altro una filosofia che non ne comprende non solo la necessità ma neppure l’esistenza. Se non ne vien neppur accettata la forma, il significante, che dire della sostanza? Dare alla scienza quello che è della scienza e allo spirito quello che è dello spirito è più che mai necessario. Solo la cultura ci salverà.