Narcisismo e amor sui

imagesAma il prossimo tuo come te stesso secondo il pensiero debole.  A proposito del “narcisismo”  nell’ultima puntata “Di martedì” Eugenio Scalfari in parziale difesa dello stesso così risponde a Giovanni Floris “un comandamento della Chiesa è ama il prossimo tuo come te stesso … questo significa che devi amare te per il 50% e per il 50% il prossimo … io che ho il privilegio di poter parlare con il Papa gli ho posto questo quesito e lui mi ha risposto: il prossimo di più”. Segue applauso.

Questo il pensiero di uno dei più autorevoli opinionisti del nostro tempo. Una risata sarebbe il commento più appropriato se non fosse che questo è livello di pensiero dei più che a questo applaudono. È necessario premettere che ho molta stima di personaggi come Scalfari che hanno speso la loro vita in difesa della democrazia con un atteggiamento sempre rigoroso, attento e critico verso il potere e la politica, offrendo spesso un giornalismo degno di questo nome. Tuttavia non ritengo che le sue convinzioni profonde ora confessate in tarda età siano dovute all’età. Intendo dire che le convinzioni più profonde, malgrado l’impegno speso nella vita, spesso poggiano frequentemente sulla superficie su fragili o fragilissime opinioni grazie a convinzioni o credenze assunte in giovane età e mai più riviste nel corso della vita. Mi permetto doverosamente di fare alcune osservazioni.

Per cultura e solo per cultura è necessario conoscere che quando chiesero a Cristo quale fosse dei Dieci Comandamenti quello che gli piaceva di più rispose “Nessuno di questi” e citò un passo della Bibbia nel quale è contenuta la famosa frase. Frase peraltro di Cristo e non della Chiesa.
Si osserva quindi per prima cosa che il dettame di Cristo non è uno dei Dieci Comandamenti. L’interpretazione vera di questo suo pensiero pretende un comprensione logica e un percorso spirituale.
A fondo di ogni mio pensiero ho trovato spesso una frase pronunciata da Cristo, si è sempre trattato di una speculazione estremamente complessa che ha seguito un filo logico che alla fine ha incontrato le sue parole.
Proverò ora io ad esprimere che cosa Cristo ha inteso. Compito assai arduo.

Per prima cosa faccio notare che in tutto ciò che Cristo ha detto il “comandamento” spinge verso la positività molto più che verso la negatività. Fare agli altri ciò che vuoi sia fatto a te e tutto ciò che accade agli altri accade anche a noi, così come giudichi sarai giudicato, sono una buona base per iniziare. Il “comandamento” inizia con “ama” il primo significato è dunque l’amore. Ma qual è il modo giusto di amare? Fare agli altri quello che vuoi sia fatto a te risponde Cristo e non solo non fare agli alti quello che non vuoi sia fatto a te, così come inteso in una logica borghese dall’uomo comune, cosa che risulta limitativa e immiserente nei confronti della prima proposizione. Fare agli altri ciò che vuoi sia fatto a te significa immedesimarsi con l’altro e servire il prossimo con lo stesso impegno che hai per te stesso. Qual è per Cristo l’impegno che hai con te stesso? Amarti. Ben lontano da un’idea narcisista amarsi per Cristo prende il senso della purezza della tua anima. L’unico modo di amarsi è quello di essere puri.

Prendo a prestito la logica platonica per avviare un dialogo.
Platone. Come puoi amarti? Ti amerai se sei una cattiva persona o se sarai una buona?
Non capisco.
P. Ti amerai se sei in pace o in guerra con te stesso?
In pace ovviamente.
Pensi che una persona che mente agli altri e che poi mente anche a se stesso posa essere in pace con se stesso?
Assolutamente no.
P. Quindi una persona che non mente agli altri e neppure a se stesso la chiameremo buona, mentre un’altra che mente agli altri e anche a se stesso cattiva.
Naturalmente.
P. A questo daremo nome di onestà intellettuale. Riprendiamo la domanda “Ti amerai se sei una cattiva persona o se sarai una buona?
Adesso è chiaro. Ovviamente una buona Platone.
P. E una buona persona farà del bene o farà del male al prossimo?
Certo del bene.
P. E se tu sei una cattiva persona potrai fare del bene al prossimo?
Che dici? Assolutamente no.
P. Quindi potrai fare del bene al prossimo solo sei una buona persona ovvero se ti amerai.
Ben detto.
P. E quanto vorrai bene al prossimo?
Di nuovo non capisco.
P. Vorrai più bene essendo meno buono o il contrario?
Il contrario.
P. E cioè?
Vorrò più bene quanto più io sarò buono.
P. In che misura?
Tanto più quanto più.
P. E cioè?
Non capisco.
P. Ma benedetto figliuolo, tanto più quanto più significa in misura diversa o in misura uguale?
In misura uguale.
P. E allora non è evidente che quanto più ami il prossimo più ami te stesso e quanto più sarai buono più amerai il prossimo?
Sicuramente.
P. E in questa visone d’amore “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te” non è già ricompresa e superata.
Naturalmente.
P. E ricorda: in virtù di questa uguaglianza tutto ciò che accade agli altri accade anche a noi. Diversi cieli raggiunge in amore la nostra anima e così come giudichi sarai giudicato. La menzogna è la peste dell’anima. L’onestà dello spirito è quella luce interiore che ci conduce alla Verità. Ma di questo discuteremo ancora altrove …
Mi scuso e ringrazio Platone.

Non so a questo punto quanto sia riuscito a farmi intendere, il discorso andrebbe per certo approfondito e non solo per via logica, direi comunque superata una visione percentualistica della questione e anche, mi perdoni, la risposta di Papa Francesco che forse in quel “di più” ha solo voluto indicare a un miscredente una direzione. È probabile infatti che Francesco in quel “di più” abbia voluto aprire la strada a quell’umiltà del servire che caratterizza non solo la nostra religione.
Solo la cultura ci salverà.




Solo la filosofia ci salverà

UnknownUnknown-2L’ottima recensione di Massimo Cacciari all’ultimo e pregevole lavoro “Dike” di Emanuele Severino mi rincuora sullo stato della filosofia, oramai ridotta ad ancella della scienza, suscitando in me altrettanta “meraviglia” che mi porta a fare queste brevi considerazioni. Sebbene “eretico,  Severino permane cristiano e come tale cerca di far rientrare la filosofia in questo ambito. E non solo nell’ambito del solo Cristo, ma dei problemi teologici che affannano la Chiesa pur dissentendone. La sua metafisica pretende l’eternità del tutto in un disegno divino chiamando diavolo il nichilismo e Dio la fede. La sua affermazione più sconvolgente è che il rimedio all’angoscia del nulla (Heidegger) che colpisce il “mortale””sia il pensiero che tutto è eterno, la cancellazione della fede nella morte: “Qui sta il fondamento necessario dell’errore stesso, consistente nella fede nella mortalità di ciò che è”.

Tutt’altro che banale, qui si vola alto. Si chiami fede o fiducia esistenziale, mostra un agire che pretende una tradizione, una continuazione post mortem. Nel Prometeo incatenato Eschilo fa dire a Prometeo in risposta a Hermes che gli chiede che cosa pensa di aver dato agli uomini rubando il fuoco agli dei “Era sbarrato l’occhio ai mortali all’ora fatale, questa scintilla artefice di molti mestieri e un opaco sperare”.. L’”occhio sbarrato di fronte alla morte” porta con sé il nichilismo mentre questo “opaco sperare” ha il merito di non concludere il discorso con la morte e un agire non solo come voleva Heidegger in funzione della fuga dalla morte, ma un agire che ha a cuore le generazioni future e con esse il Destino. Il discorso di Severino sulla fede nell’eternità di ogni essente in chiara contraddizione con la resurrezione cattolica è sicuramente di ampio respiro e più fedele al dettame di Cristo.

La mia visione è però diversa. Quanto asserito che non mi trova in disaccordo deve però essere inquadrato più estensivamente in una visione più globale che tenga conto dell’apparire delle emergenze che rileggono di volta in volta l’esserci.

Un discorso per cui lo Spirito si disvela sempre diversamente offrendo all’ente che si astrae una maggiore partecipazione. Per Severino gli enti paiono essere manifestazioni di Dio in un disegno predeterminato e immutabile. Ogni categoria è immutabile e immutabili sono le “figure”, l’uomo nell’esserci è sempre lo stesso. Nella mia visone laddove Severino vede una linea io vedo una spirale.

Lo Spirito muore di una morte totale, si “sacrifica” dando alla luce la materia e nella materia progressivamente si “inluia” fino a che con salti ontologici, ma senza soluzione di continuità, l’esserci è sempre differente e partecipa via via maggiormente dello Spirito. Agisce da fuori non come creatore, ma come attrattore lasciando all’essente la possibilità di redimersi. Chiama a sé senza intervenire con la verità, col bello e col buono. Detto altrimenti noi dobbiamo fare la Volontà di Dio, ma Dio può fare solo la nostra volontà.

Del resto però non posso negare che la fysis, la forza della natura naturans, non possa essere quel “meno di niente” (Slavoj Žižek) che nessuna scienza, come dice Severino, potrà mai scoprire. Se si pensa al superamento del principio di non contraddizione possiamo ipotizzare che l’essere sia l’una e l’altra: l’essenza degli enti nel divenire (movimento) e la Divina Essenza (immobilità che attrae). Conciliando in tal modo l’aporia tra essere e divenire. La Fenomenologia Evolutiva dello Spirito è una nuova avventura a cui la filosofia non è ancora pervenuta.




Dobbiamo diffidare degli -ismi. 

220px-Worshiping_the_golden_calfNell’immaginario collettivo, il senso comune, il termine ideologia ha assunto oggi una connotazione per lo più negativa. Infatti esso viene spesso percepito come una metafora dell’autoritarismo, evocando il fantasma del nazismo o del comunismo. Tutti ritengono di conoscere il termine e conversano tra di loro ora in favore “il problema è che non ci sono più ideologie” o contro “ma questo è ideologico!” come dire “falso”, idee astratte avulse dalla realtà. Ideologia è un’altra di quelle parole polisemiche in uso al linguaggio su cui esiste una grande confusione. Se consultiamo un dizionario (p.e. Treccani) all’osso e alla radice si evince che si tratta di credenze, credenze più o meno validamente supportate. Tali credenze sono il supporto, lo stroma di sostegno epocale di ogni civiltà. Ovvero l’intendimento profondo e allo stesso tempo superficiale che sostiene in quanto trama l’ordito dell’umanità nel qui e ora. Rappresentano il pensiero unico il mezzo e lo scopo del sociale. “L’enunciato gli antichi credevano che …” non fa riferimento alle sole conoscenze scientifiche, ma al complesso delle credenze che costituivano la mentalità, il modo particolare di concepire, intendere, sentire, giudicare le cose. In definitiva ogni ideologia è portatrice di un diverso modo d’esserci, l’odore e il sapore stesso di un’epoca, che vive come spirito in carne e ossa una diversa felicità diversamente distribuita all’interno di un tutto che insieme è vita e prigione, teatro in cui si recitano, senza saperlo, ruoli e parti di significato universale.

Detto diversamente, l’esistenza non è mai stata la stessa e non è tuttora la stessa. Malgrado l’avanzamento della scienza e della techne gli antichi siamo ancora noi. Ancora noi a spalancare la bocca davanti alla scoperta del fuoco.
Il modo particolare di concepire l’esistenza, la mentalità, pretende una ragione, uno scopo. Lo scopo in passato è stato dettato dalle ideologie, credenze religiose, filosofiche, politiche e morali. Le ideologie per quanto falsificabili hanno sempre avuto l’enorme e indiscutibile pregio di collegare ovvero tenere unito un popolo o più di un popolo e di contribuire in modo essenziale alla sua sopravvivenza. in questo senso le religioni possono essere considerate come la prima forma dell’ideologia e in questo senso si spiega la loro radicazione nella gran parte dell’umanita’. Ciò non testimonia la loro validità, ma la necessità di un progetto comune senza il quale la disgregazione è inevitabile.

Da quando la scienza si afferma come verità non si può più parlare a proposito di scienza di credenze, la scienza di fatto non è una credenza, la scienza si afferma come verità e oltre al compito di spazzare via credenze che si intromettono nel suo campo e come tali possono essere smentite, mostra al suo interno il metodo con cui la verità va cercata falsificando verità religiose, filosofiche, politiche e morali che pretendono di essere il verbo in un campo che non gli appartiene tentando di limitare la scienza in ogni sua nuova stagione. Questo beneficio assoluto portato dalla scienza all’umanità ha illuso l’umanità che attraverso la scienza sarebbe arrivata all’uomo la felicità, affidando alla scienza e alla sua sorella gemella la techne, ogni salvezza. Il pensiero illuminista che alla scienza si è rifatto ha creato un mito e moltissimi fedeli.

A che la scienza? Possiamo ritenere utile la scienza per due motivi, uno per vincere l’ignoranza di credenze che la contraddicono, l’altro per migliorare la sopravvivenza. La sua importanza quindi per migliorare la condizione umana è indiscutibile. La scienza dunque è un mezzo per raggiungere due scopi, eliminare la fantasticheria e migliorare la sopravvivenza. Tuttavia vi è un campo che alla scienza non compete: la morale. La scienza migliora la sopravvivenza, ma non necessariamente la vita. La scienza è un mezzo e in sé è indeterminata, senza scopo. L’azione dipende dallo scopo, cambiando lo scopo anche l’azione cambia ponendo al timone le varie ideologie, la scienza in sé non ha altro scopo che quello di progredire con un unico fine che presuppone la centralità dell’uomo e della vita umana (paradossalmente se al centro ci fossero gli animali ogni azione della scienza cambierebbe) per quanto riguarda la sua sopravvivenza, non è un soggetto né volitivo né pensante, ogni suo prodotto può essere usato da chiunque per qualsiasi scopo in dipendenza di credenze. La scienza è a-direzionale, il fine rimane indeterminato. L’uso dunque non riguarda la scienza, ma unicamente la morale che si fonda sulla volontà. Una “democrazia procedurale”, è una democrazia che guarda solo al contingente seguendo una tecnica politica per obiettivi contingenti qualificati come reali e trasferisce la propria equità agli esiti della propria applicazione, al di fuori di qualunque ideologia e qualsiasi epistème, verità morale, ai soli fini di trovare il consenso, ma obbedisce di fatto all’ideologia dominante: l’ideologia economica del Mercato, espressione della della Techne, che il capitalismo, sua concretizzazione, si illude di dominare. Il risultato è il volere della maggioranza in luogo del bene comune, di qui ogni populismo.

Il capitalismo ha un unico fine l’accrescere se stesso, aumentare all’infinito il profitto, in particolare il profitto privato. I cosiddetti “governi tecnici” e la “democrazia procedurale” agiscono in toto all’interno di un’ideologia capitalista meglio dei regimi autoritari. Le Leggi di Mercato sono di fatto il supporto tecnico dell’ideologia capitalista. Vengono chiamate leggi per ingannare sulla loro oggettività appellandosi alla scienza. Il vecchio mondo si rifaceva a verità rivelate che sono ormai al tramonto e al cui tramonto ha contribuito grandemente la scienza. Si va lentamente ma inevitabilmente verso l’ateismo e il nuovo dio unico valido assertore della verità è rimasta ai livelli più alti la sola scienza, scienza troppo astratta e lontana per la gente comune che ha bisogno di idoli, ora la Techne arriva nel quotidiano più vicina all’uomo sotto tutti i profili.

Di tecnica devono ora dotarsi tutte le ideologie, economiche, finanziarie, politiche e pur anche religiose. La techne diviene quindi la nuova arma da combattimento. Assume in sé un valore assoluto e ci si rivolge a lei come una volta ci si rivolgeva in preghiera al crocefisso immagine di Dio. Il popolo ha bisogno di vedere e toccare, ha bisogno di idoli. Sia fatta la sua volontà. Chiesa, Stato e Capitalismo si contendono ancora gli scopi. La Chiesa è sempre più in crisi: l’epistème in quanto verità rivelata è ormai sempre più logora. Lo Stato con la sua democrazia procedurale non ha più come scopo il bene comune e riesce sempre meno a mediare tra il bene comune e gli interessi della maggioranza, opera unicamente per il raggiungimento di obiettivi secondo la volontà popolare. In questa situazione il Capitalismo prospera tirando i fili ai governi, prospera anche grazie all’insipienza dei filosofi, rassegnati fantasmi del passato, che cedono il passo alla Techne. Il relativismo e un neo-oscurantismo illuminista hanno assassinato la Verità.
Tra tali colossi, in un angolo la filosofia sembra destinata a perire. A perire per mano degli stessi filosofi che per realismo, la peggiore delle credenze, si rivolgono ormai alla filosofia come a una lingua morta e passano il testimone alla “cibernetica”. Come a dire “la filosofia ha fatto il suo tempo”. Genuflessi alla scienza si sono perduti totalmente nel labirinto del pensiero, si sono dimenticati dell’essere e hanno smarrito completamente lo scopo: la ricerca della Verità. Solo la Sapienza ci salverà.