Mafia popolare

UnknownIl sistema della collusione all’interno delle amministrazioni pubbliche funziona così: ognuno secondo la sua omertà, a ognuno secondo i suoi favori. Quando un’amministrazione è marcia perché esiste al suo interno un sistema consolidato di malaffare (tangenti, raccomandazioni, scambi di favori e altro) è necessario che al suo interno dal primo all’ultimo tutti siano coinvolti. Ciascuno viene favorito a seconda del grado in merce o pelosi favori. Tutti possono impunemente violare le regole e anche la legge, devono farlo di routine, purché stiamo al gioco: omertà. Chi non lo fa è classificato come “rompicoglioni”: è persona pericolosa. Così l’usciere può timbrare in mutande e la ciurma timbrare per tutti e poi andarsene magari a spasso. I babbei si dicono scandalizzati. Ebbene non solo nessuno li controlla, ma tutti si guardano bene dal controllare. Vige il “fatti i cazzi tuoi”, undicesimo comandamento. Dopo che uno è stato assunto si accorge in breve tempo di tutta la baracca, cosa peraltro che potrebbe fare con facilità qualsiasi istituzione deputata al controllo, e al mal capitato non resta che adeguarsi o denunciare: si facciano i nomi. Una domanda si pone: “ma che non lo sanno?”. Ovvio lo sanno, tutti lo sanno, e quelli che non lo sanno sono doppiamente colpevoli. E allora? “non sarò io certo a cambiare il sistema” ovvero mi adeguo. Tanto vale entrare a far parte del gioco e approfittarne. Chi più chi meno. Chi resiste e chi mette gli sci. Altro che whistleblowing.

Bisogna considerare d’altro canto la sorte di chi al gioco non partecipa e denuncia. Che fine rischi di fare chi denuncia tutti lo sappiamo. E oltretutto ci vogliono le prove. Cosa per cui subirete un vero e proprio interrogatorio se non un processo da parte delle autorità in un atmosfera da tribunale, in un clima di sospetto in cui a voi parrà di essere non il denunciante ma l’imputato. Non sarete per caso un calunniatore? un pentito? un infame che denuncia per una vendetta personale? e più in questo senso che in altri si volgeranno le indagini. Per non parlare delle ingiurie e minacce cui sarete sottoposti dai colleghi e dai loro parenti. Potete anche correre il rischio di essere messi alla berlina dai media e gettai nelle caritatevoli braccia dell’opinione pubblica: “del resto noi che ne sappiamo?”. Non sanno niente, ma non mancano mai comunque di schierarsi. La calunnia è un venticello e la macchina del fango scaverà in tutta la vostra vita e in quella dei familiari e se non troverà nulla vi taccerà di voglia di protagonismo. Vi nascerà dentro una rabbia che vi condurrà alla nevrosi, alla disperazione.

Chi sano di mente può con fragili vele attraversare da solo una tempesta? I migliori, i filosofi, possono solo resistere così come a suo tempo indicato da Borrelli, e per il resto aspettare tempi migliori, ma la massa chinerà la testa e si guarderà bene dal denunciare chicchessia aprofittando di quello che passa il convento. Ben 83 testimoni di giustizia hanno denunciato recentemente di aver avuto la vita sconvolta e di essere stati abbandonati dallo Stato (in verità dal Governo, da questo e dai precedenti). Anni fa lessi su un quotidiano di un imprenditore che stava saltando da una finestra per suicidarsi e fu fermato all’ultimo momento dai carabinieri. Che cosa aveva fatto? Aveva aperto un’impresa al sud e si era rifiutato come richiesto dalla criminalità locale di pagare il pizzo. Da allora ha perso la fabbrica e non ha più rivisto la sua famiglia. Notizie passate in cavalleria più veloci di una meteora. Nessun giornalista che abbia rilevato la gravità di questi fatti per la democrazia nel nostro paese. Eppure non prestare assistenza o peggio attaccare chi denuncia, abbandonarlo così come hanno denunciato all’opinione pubblica i testimoni di giustizia è un comportamento criminoso e criminogeno. Un chiaro messaggio mafioso rivolto a tutti, alla cittadinanza al suo completo, un invito all’omertà e a farsi i cazzi propri. Un perniciosissimo messaggio culturale che abbassa la cultura dell’intero paese.

Quindi se a San Remo sono stati colti in flagrante i “servi”, non basta chiederne il licenziamento, bisogna doverosamente chiedersi chi li ha compromessi e ammaestrati e puntare l’indagine direttamente su chi ha permesso la malvivenza, indagare là dove il marcio ha ben altre dimensioni. Nel sistema del malaffare, nel malaffare come sistema, certi privilegi non solo non sono casuali, ma sono creati ad arte affinché tutti siano coinvolti e complici nel medesimo malaffare. Non è forse così per tutta l’Italia, il bel paese dei furbi? “Si io, ma loro …” si difendeva don Abbondio, vaso di terracotta tra vasi di ferro. Oggi Cantone denuncia che chi è onesto nella pubblica amministrazione non fa carriera. Degnissima persona, ma deve aver soggiornato fino ad oggi nel paese dei balocchi. Vorrei suggerire alla Magistratura di uscire dalle aule dei tribunali e usare la polizia giudiziaria o quanto messo a disposizione per penetrare realtà di cui quello che viene data loro notizia non è altro che la punta di un iceberg tale che tagliata la punta una nuova punta spinta dal basso torna ad affiorare, di indagare con molto più giudizio di quanto si sia fatto in passato. Non si fa il proprio dovere aspettando, ma agendo.

Abbiamo bisogno di molti, moltissimi Serpico (film da meditare e che da noi dovrebbe assumere una valenza formativa). Tanto per comprendere, Serpico dopo aver denunciato il malcostume tra i colleghi poliziotti è dovuto andare a vivere in Svizzera e questo nei civilissimi USA. Bisogna quindi affermare che oltre alla fedeltà pretendiamo l’onestà degli agenti delle forze dell’ordine al servizio dei cittadini, vogliamo scrupolosi servitori dello Stato nel suo ideale di giustizia, in odio alla violenza e alla vendetta. Bolzanetto, il G8, Cucchi, Aldrovandi suonano come altrettanti moniti che spingono nella direzione dell’intimazione dell’intera popolazione a starsene buona. Dietro la democrazia il manganello o peggio è sempre pronto. Fatti gravissimi indegni di qualsiasi democrazia sottaciuti sempre dai governi per non inimicarsi il braccio violento della legge per il quale però ha sempre solo lodi. Chiedo la libertà di potersi esprimere senza timori di lesa maestà nei confronti di istituzioni che depistano, insabbiano, minacciano, abbandonano, deviando pericolosamente dai loro compiti istituzionali e dalle loro responsabilità, soprattutto quando inquisiscono in un’atmosfera di sospetto e diffidenza chi denuncia. Solo la cultura ci salverà.



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