L’estate del nostro scontento

https://youtu.be/yGObGyV_9Q8

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Quando iniziò il consumismo si diceva con ingenuità che la pubblicità fosse l’anima del commercio. Oggi nel capitalismo globalizzato e totalitario, potremmo aggiornare quello slogan
affermando che la pubblicità rivela l’inconscio del capitalismo. E come avviene per l’inconscio che a volte rivela una verità attraverso i lapsus, così la pubblicità nella frenesia del marketing ci mostra il cinismo che sottende al sistema economico dal quale essa proviene.

Il video di una pubblicità di maglieria, diffusa in questi giorni anche con fotografie su riviste e quotidiani, è ambientato in un paesaggio nordico limpido e leggermente ventoso. Vi si vedono pezzi di ghiaccio staccarsi da un ghiacciaio, sotto un cielo azzurro abitato da nuvole bianche come il ghiaccio, che scivolano sull’acqua corrente come di un ruscello, sullo sfondo montagne rocciose. In primo piano alcuni eleganti capi in lana appoggiati su nudi sassi. Sappiamo che la pubblicità deve vendere, ma non ci accorgiamo che essa lo fa con un paradosso dal momento che vende ciò di cui non parla e parla di ciò che non vende. E in questo caso di cosa parla per vendere maglioni?

Il video evoca il clima primaverile del disgelo che annuncia dopo il freddo e il buio dell’inverno il ritorno della luce e del tepore dell’estate. Tuttavia, l’immagine del distacco di quei pezzi di ghiaccio suscita nella nostra coscienza l’effetto della dissolvenza incrociata con l’immagine dello scioglimento dei ghiacciai causato dal riscaldamento globale, i cui effetti catastrofici sono perturbanti e devono dunque essere allontanati inducendo il rassicurante effetto dell’eterno ritorno alla ciclicità delle stagioni. Una forma di comunicazione che si fonda sul principio del terrore: pensarci sempre, non parlarne mai. Si utilizza una paura, inconscia, per generare un bisogno ed offrire in compensazione una merce simbolica, evocando e allo stesso tempo allontanando dalla nostra coscienza la tragedia del cambiamento climatico che incombe sul pianeta. Il messaggio subliminale diventa: con il riscaldamento terreste andremo incontro ad una eterna primavera in cui non occorrerà più coprirsi con giacconi imbottiti ma potrà bastare un semplice maglione, purché di qualità.

La rimozione del pericolo incombente non si manifesta solo con la negazione del fenomeno stesso del riscaldamento del pianeta a causa dell’inquinamento atmosferico prodotto dall’uomo (non è vero perché non mi piace, dicono gli inglesi), ma anche con la scarsa attenzione dei media verso i fenomeni che il cambiamneto climatico sta producendo in tutto il mondo. Siamo concentrati sul fenomeno della migrazione e sulle sue cause politiche o belliche o economiche che lo determinano, ma ancora consideriamo gli uragani e tifoni sempre più intensi e distruttivi come un fenomeno naturale, mentre non ci accorgiamo che già si manifestano da anni trasferimenti di abitanti dalle isole del pacifico o dai villaggi dell’Alaska (l’Artico si sta riscaldando con una velocità due volte superiore resto del mondo). Da tempo ormai si parla di “rifugiati per del cambiamento climatico” e già si trattano richieste di “asilo climatico” come recentemente avvenuto in Nuova Zelanda ponendo nuovi problemi di diritto internazionale.

Come per i generali desiderati da Napoleone, anche per una campagna pubblicitaria conta molto essere fortunata, e questa lo è stata davvero fortunata, quanto meno in Italia dove una insolita “estate di san Martino” con temperature che arrivano ai 25 gradi sta regalando giornate splendide e calde che rendono tanto felice la gente facendola sentire nuovamente in vacanza e offrendo loro l’occasione per insperati week end, perché si sa: la vita è altrove.