Passata la festa, gabbato lo Santo

UnknownCome suggerisce il proverbio oggi posso commentare la liturgia commemorativa sulla festa del 70° della Repubblica Italiana senza apparire politicamente scorretto. Mi rendo conto di rischiare comunque di essere sgradevole, come appunto accade a chi rovina una festa, per il fatto di intervenire contro la confusione dovuta ad ignoranza e ipocrisia con la quale si è voluto celebrare l’evento storico,  facendogli più o meno esplicitamente assumere significati strumentali, di natura politica e ideologica, a favore tanto dei “riformisti” quanto dei “conservatori” della Costituzione, sulla cui legge di riforma saremo chiamati ad esprimerci col referendum del prossimo mese di ottobre.

Una prima confusione è derivata dal fatto che la campagna referendaria sulla legge di riforma costituzionale, noncurante del calendario, ha interferito con quella più vicina per l’elezione dei Sindaci generando l’impressione che già in questa occasione gli elettori fossero chiamati ad esprimere non solo una preferenza sui candidati nelle proprie città, ma attraverso la scelta del partito e/o lista civica che sostiene il candidato anche il proprio orientamento sul referendum. Le recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio,seguite da alcuni suoi fidati Ministri, riguardo l’eventuale crisi di governo nel caso prevalesse il NO al referendum hanno poi definitivamente connotato come un plebiscito in suo favore  la consultazione referendaria, di per sé un giudizio tecnico su una materia specifica ancorché fondamentale per la vita del paese, prevenendo eventuali sconfitte politiche alle elezioni dei Sindaci.

Una seconda confusione sulla questione della riforma costituzionale sta nel modo con cui viene fatto intendere e percepire il prossimo voto referendario (confermativo): non una scelta consapevole e ragionata, ma un’adesione in termini di SI/NO. Il referendum è l’unico caso di ricorso alla democrazia diretta previsto nella nostra democrazia rappresentativa, nella misura in cui restituisce alla sovranità popolare l’ultima decisone in merito all’operato legislativo del Parlamento. Ora, però, se consideriamo la difficoltà e delicatezza del tema in argomento (nientemeno che alcuni articoli della Costituzione che è verosimile pensare solo una ristretta minoranza della popolazione italiana conosca) e la correliamo alla realtà dell’analfabetismo funzionale che riguarda due terzi della nostra popolazione, allora ci rendiamo conto di come l’esito del prossimo referendum (confermativo) non sarà frutto di una scelta consapevole che comporta la conoscenza dell’argomento, ma di un’adesione basata sulla fiducia in chi ha proposto la riforma o in chi la critica. Non prevarrà la ragione del pensiero e della critica, bensì la popolarità, la visibilità, la percezione di chi la sostiene piuttosto di chi la denigra.

Al combinato disposto di queste due confusioni tra elezioni dei Sindaci e prossimo referendum sulla legge di riforma costituzionale si aggiunge poi l’ignoranza sulla storia della madre dei referendum, quello tra Repubblica e Monarchia nel 1946. 13340259_10210214123497370_88304929351629682_oSe guardiamo i risultati del referendum di allora osserviamo due cose: i) la Repubblica s’impose sulla Monarchia con il 54,3% dei suffragi, ma ii) nelle 8 regioni dal Lazio alla Sardegna prevalse la Monarchia con il 66,6% dei voti.

Che significato attribuire a questi risultati? Diversi e pregressi: i) il popolo italiano non scelse tra Repubblica e Monarchia (si può davvero credere che la maggioranza uscita malconcia dalla dittatura fosse in grado di comprendere il significato di una tale scelta?) ma rifiutò (giustamente) la particolare monarchia sabauda. Una monarchia quella della casa Savoia che lo aveva tradito due volte, quando nel 1922 non si oppose alla marcia su Roma consentendo l’avvento del fascismo e quando nel 1943 caduto il governo fascista scappò dal porto di Bari (considerando lo scarto tra le due fazioni, si può ritenete che i risultati sarebbero stati gli stessi con una monarchia come quella inglese, spagnola, svedese, belga, olandese, danese, norvegese…?);  ii) con il referendum riemerse la profonda spaccatura esistente tra nord e sud che il Regno di Sardegna ereditò dalla forzatura garibaldina della spedizione dei Mille e che 85 anni prima credette di comporre con la costituzione del Regno d’Italia, sotto la monarchia piemontese

Dov’è dunque la festa, considerato che il santo è in realtà il popolo?  Si fantastica una democrazia diretta capace di ristabilire la sovranità popolare per risolvere la questione morale prodotta dalla nostra democrazia rappresentativa, quando in realtà siamo immersi nel pensiero unico-economico che ci spinge verso un regime di democrazia digitale in cui sarà consentito il consenso nella forma del SI/NO dettato dall’appartenenza. Tutto questo può aiutare a spiegare la politicizzazione demagogica che si sta facendo del referendum e sarebbe sufficiente per rifiutarlo.

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