Il principio di finalità esterna

“La massa non sa cosa sta succedendo e non sa neanche di non saperlo” (Noam Chomsky).  In uno stormo di uccelli un uccello ha due scopi, uno definito interno che riguarda la propria personale esistenza, l’altro servire lo stormo. Lo stormo si serve dell’uccello per portare avanti una propria finalità in cui l’individuo compare solo come “la parte del tutto”. Questa finalità esterna all’individuo condiziona all’individuo tutta la sua esistenza ma l’individuo non ha alcuna coscienza di agire per conto dello stormo.

Esistono quindi due livelli di “coscienza”, uno interno e uno esterno; e perché il tutto, nell’interesse di tutto e di tutti, funzioni ossia sopravviva, è necessario che l’individuo risponda alle esigenze del tutto o sarà sacrificato. Questo breve racconto descrive una necessità naturale e può benissimo essere letto in chiave metaforica anche per quelle che sono le esigenze umane; nella sua sostanza il principio di finalità esterna può essere applicato anche alle comunità umane.

Distinguiamo ora una morale interna o semplicemente “morale”, da una morale esterna o “etica”. Chiameremo quindi morale quella che si riferisce all’individuo e etica quella che si riferisce al sociale. La morale interna regola i comportamenti individuali fondati sulle pulsioni “naturali”: sesso, possesso, gelosia, orgoglio, qualità innate che vedono il mondo egocentricamente solo nell’utilizzo. La domanda nei confronti dell’ambiente è sempre la stessa “che cosa mi serve?”. Questa morale si oppone all’etica, la quale in quanto volontà esterna esige diversamente per “la convivenza” regole diverse dalla morale. La convivenza fissa le regole per la sopravvivenza o anche la migliore sopravvivenza del gruppo. Queste regole sono differenti da quelle che muovono all’azione il singolo e costringono l’individuo a rinunciare in tutto o in parte alle sue pulsioni dandogli un’ idea di privazione della sua libertà. In biologia le regole stabilite dalla natura sono rigidissime e l’individuo obbedisce senz’altro salvo essere eliminato, la natura è una dittatura perfetta. “Morale” e “etica” coincidono.

L’avvento della coscienza porta libertà ma porta anche ribellione, i due piani interno ed esterno cominciano a “scollarsi”. Il piano esterno anticamente solidamente nelle mani della Natura passa ora nelle mani della Cultura, una struttura sopraindividuale che comincia una sua vita autonoma anche dalla natura, e che non è immediatamente nella coscienza dell’individuo. Questa struttura culturale è nota come “sistema sociale”. Il sistema sociale è costituito dall’insieme delle regole, dei simboli, degli umori condivisi da un gruppo, da un popolo, da una nazione. Ora, nella cultura, è chiaro che bisogna avvicinare la morale all’etica attraverso l’educazione o imporre l’etica alla morale. 

La particolarità del sistema esterno è di non essere cosciente agli individui alla nascita e di portare agli individui valori “nuovi”, esterni, per impostare e determinare il comportamento. In dipendenza dell’educazione ricevuta (o non ricevuta) in molti individui l’etica rimane imposta, ignota e ostile fino alla morte. Questi nuovi valori esterni che costituiscono la tradizione e la memoria del gruppo, sono il frutto di centinaia di generazioni e costituisco quello che si definisce come “Patrimonio Culturale”. Le regole riguardano la possibilità della convivenza che per migliaia di anni hanno tenuto conto principalmente della morale legata alle primordiali pulsioni innate. Per tenere stretto il gruppo il regime di potere, sistema esterno, non poteva che tenere a freno l’individuo e somigliare nella guida del gruppo al tipo controllo che la natura ha sull’individuo, ossia dittatoriale. Il potere stesso non aveva tuttavia coscienza delle regole che si venivano a determinare ma agiva sempre in dipendenza del principio di finalità esterna in dipendenza dell’ambiente, ambiente che ha continuato ad agire come influenza esterna al potere stesso. 

Orbene, solo recentemente nella storia sono venuti in essere nuovi sentimenti quali: empatia, compassione, misericordia e derivati; intendimenti morali che vanno a costituire giustizia, politica, verità e felicità. Questi sentimenti pongono in essere la necessità di “nuove regole” che non essendo possedute per natura devono necessariamente essere apprese. Non per natura ma per cultura, Etica, Giustizia e Verità si oppongono a tutte le ribelli pulsioni innate reprimendole e dando all’individuo un’idea di oppressione. Per la pancia esiste solo “mangiare, sesso e dané” e una istintiva avversione per la cultura che tende a controllarle e a reprimerle. 

In conclusione, senza educazione emergono tutte le istanze egoistiche individuali relegando l’individuo, che del sociale non ha coscienza, a esprimersi solo con la “pancia” (sesso, possesso, gelosia, orgoglio) e a rifiutare la cultura come un’inopportuna costrizione. Questo atteggiamento egocentrico nel bambino senza educazione diviene egoista e moralmente scorretto nell’adulto. L’insieme di atteggiamenti egoisti anche se tutti gli egoisti sono solidali perché tutti si riconoscono nella pancia, farà franare il formicaio. È la fine della solidarietà e l’inizio della decadenza.

In conclusione, senza educazione emergono tutte le istanze egoistiche individuali relegando l’individuo, che del sociale non ha coscienza, a esprimersi solo con la “pancia” (sesso, possesso, gelosia, orgoglio) e a rifiutare la cultura come un’inopportuna costrizione. Questo atteggiamento egocentrico nel bambino senza educazione diviene egoista e moralmente scorretto nell’adulto. L’insieme di atteggiamenti egoisti anche se tutti gli egoisti sono solidali perché tutti si riconoscono nella pancia farà franare il formicaio. È la fine della solidarietà e l’inizio della decadenza. Qui, c’è anche chi , come Matteo Renzi, pensa di recuperare i voti perduti rivolgendosi con format televisivi “culturali” in un’operazione di marketing, alla pancia.

Orbene, operazioni di propaganda e falsificazioni sono state perpetrate in ogni regime politico, in particolare le dittature, e all’uopo sono stati stilati “decaloghi” precisi e puntigliosi su come abbindolare il popolo. Esemplare è stato quello di Joseph Paul Goebbels, che merita di essere letto, ma di recente ce ne sono stati molti altri e di uno in particolare comparso in un post di FB voglio citare un punto:

(Omissis) 5. Rivolgersi al pubblico come ai bambini

“La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile”

L’autore del decalogo intravede nella “pubblicità” una volontà malevola nell’abbassare l’età del pubblico a cui si rivolge come si trattasse di un inganno. Non è cosi! Il pubblico ha veramente quell’età e la pubblicità funziona proprio e perché il pubblico ha quell’età. Il che ci insegna che l’unico, solo, insostituibile modo per non sottostare alla propaganda, a qualsiasi propaganda, e con ciò progredire in civiltà è elevare l’età mentale delle persone (la mentalità) affinché il cuore si rivolga alla testa e non alla pancia. 

image_pdfimage_print
Questa voce è stata pubblicata in IL BLOG e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.

3 risposte a Il principio di finalità esterna

  1. Ubaldo Bellini scrive:

    Un tema che presenta in modo figurativo il dualismo aristotelico di potenza ed atto qualora si dia alla potenza un segnale pregnante di una collettività omogenea che opera uniformemente, mentre l’atto stia a significare l’opera di un singolo, scisso dalla massa. Con altri lemmi si possono rappresentare due stili di vita che non si incontrano mai, se non in casi drammatici, il cui rischio mette in pericolo sia il singolo che il collettivo. Se osserviamo il mondo animale, la formica, vive nel formicaio ( come la parte del tutto), pur non avendone coscienza. Non è così per l’uomo che disponendo del libero arbitrio è in grado di essere parte del tutto, oppure abbandonare il consorsio umano-sociale e darsi delle regole autonome di comportamento.Nell’un caso o nell’altro, il risultato è forzatamente difforme. Ad un egocentrismo smisurato e asociale si oppone un comportamento ortodosso propedeutico all’avviamento di un’educazione sociale foriera di scelte di vita “personali” e non divisive. Anche la politica risulta implicata in questo dualismo: la spendibilità dell’azione politica può trovare nel singolo il pungolo di un’ideologia prevaricatrice o, in subordine, il rispetto per una comunità i cui obiettivi rispondono ai requisiti della pari uguaglianza, così come la “storia lunga”ne ha ricostruito il cammino. Di tutto quanto sopra, l’uomo ne sente la responsabilità come singolo e come collettivo, per cui le due ipotesi potrebbero convenire in un unico modello antropologico in un tempo dove le generazioni future abbiano avuto un’educazione adeguata, sentendosi tutti cittadini di “questo mondo”. La spernza sola è in grado di dare l’avallo ad un futuro meno “sciagurato” di quello in atto, dando corpo a quella “ragionevolezza” insita nella morale umana.

  2. josé Filipe scrive:

    La Biologia moderna (da Darwin in poi) si basa sul supperamento del finalismo. Da un punto di vista antropològico, Walter Bocellir, che pure vuol partire da um fenòmeno biológico, ignora tutti gli studi della primatologia, fra cui il riconoscimento di una polìtica nei branchi di scimpanzè e gorila, cosi come fa questione di parlare di evoluzione ignorando gloriosamente tuto il dibattito in seno alle scienze sociali sull’ evoluzionismo e il funzionalismo. Boudon ha scrito, nel seccolo scorso, due interessante libri sul tema: Il posto del disordine, e Effetti perversi. Lo dico, non per fare uso di argommenti di autorità, ma per fare capire come sia difficile dibatere quando sin dalle prime righe ci si trova davvanti a concetti del cui uso si vuol ignorare tutta la stòria della sua crìtica.

    • walter Bocelli scrive:

      Caro Josè a me pare di essere stato chiaro, se qualcosa non risulta comprensibile si prega di segnalare dove e come. Il mio è un pensiero autonomo, fondato sì su molte letture ma che dalle stesse non ha tratto solo insegnamenti puntuali ma ha cercato sempre di individuare i concetti fondamentali a costruire un discorso che io chiamo “Il discorso” algoritmi che passano dalla logica naturale dettà realtà fattuale, alla logica umana che cerca la corrispondente verità attravero non solo la datità come in uso alla scienza, come vorrebbe Wittgensteine il neopositivismo logico, ma su una costruzione rigorosa di pensiero che della datità si serve solo per avvalorare e non trovare inciampi ma che non parte dalla datità per formulare ipotesi, nè tantomeno ritienne che la verità sia unicamente ad essa legata o niente. Detto banalmente il mio è un procedimento deduttivo e non induttivo “non ho nulla a che vedere con la scienza” se non la riprova di possibili smentite ma delle teorie epistemologiche francamente me ne infischio, soprattutto di quella palla insensata della sociobiologia, letta a suo tempo e presto abbandonata. Spero di essere stato chiaro. Medita, buona notte mom amì.
      PS sul meccanicismo e finalismo ha già detto molto Bergson col quale mi trovo parziamente d’accordo nello spentire entrabi ma la mia concezione è tutt’altra cosa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.