Pandemonio

La Torre di Babele, Nomata Minoru

Ormai per dare un senso a ciò che si scrive bisogna usare prima o poi il termine pandemia.

Grazie alla realtà del virus biologico da anni si usava in informatica il termine “virale” e adesso grazie alla pandemia causata da un virus si sprecano metafore, allegorie, similitudini, ossimori, metonimie eccetera (dando fondo a tutte le figure retoriche) per descrivere e spiegare la realtà sociale. Ogni realtà per essere percepita dovrà diventare pandemica. Il tutto è una pandemia. Ma noi siamo, come sempre, parlati dalla lingua e tra le parole delle narrazioni (oggi è di moda la “narrazione”, lo “storytelling”) traluce la verità attraverso la paura, accompagnata dal senso di colpa che paralizza la ragione.

Un articolo recente riporta il seguente titolo “L’arte della guerra. il Giappone scaricherà in mare oltre un milione di tonnellate di acqua radioattiva dalla centrale nucleare”, ma cosa c’entra “l’arte della guerra”? Il quotidiano che lo pubblica si fregia di trovare le contraddizioni in seno al mondo e lo fa mostrando ogni volta indignazione, stupore e allarmismo. In questo caso si tratta della gestione dei materiali radioattivi prodotti dall’uso diretto o indiretto della fissione nucleare, in particolare quella delle acque residue dalla fusione di un nocciolo della centrale di Fukushima. Le cifre in gioco sono allarmanti, il colpevole è il Giappone. Già, ma nulla viene indicato su quali dovrebbero essere le soluzioni più idonee per la loro gestione e per di più si dimentica di citare le oltre 15000 atomiche nucleari attive degli armamenti e le quasi 500 centrali nucleari per uso civile sparse in tutto il mondo, la radioattività delle quali, testate e centrali, è ancora solo potenziale. Comunque qui il colpevole rimane il Giappone.

Il fatto è che la rimozione si spiega con lo sconcerto che provocherebbe la presa d’atto che a tutt’oggi le soluzioni di questo problema non esistono. Invece di inseguire gli effetti, con l’inevitabile angoscia di accompagnamento, bisognerebbe concentrare l’attenzione e la ragione sulle cause. Sulle cause, sì, occorrerebbe informare, anzi direi educare, dal momento che sugli effetti si avranno sempre meno margini di azione utile. Bisogna uscire dall’angustia (angoscia) della cronaca per rientrare nella storia e accorgersi che la vera “pandemia” diffusa su tutto il pianeta è il modo di produzione e consumo dell’economia esistente. La testimonianza serve ormai solo a confortare la coscienza egoistica,

Il “virus” che ha causato questa pandemia porta il nome di Capitalismo ed è stato sequenziato da oltre un secolo e mezzo. Un virus la cui patologia si manifesta nelle menti con il sintomo del “pensiero unico economico” e di cui in nessun paese al mondo si è mai registrata alcuna “mutazione”. “Economics first” è nella testa di tutti, altro che la salute, e l’unico “vaccino” efficace è la Cultura.

Il vero lockdown che dovremmo decidere nei prossimi decenni è contro il Capitalismo.