Presentazione

Siamo in molti a ritenere che si vive nella “società dello spettacolo”. E’ questa un’affermazione pronunciata anche dagli esperti che si avvicendano nei  talkshow televisivi, ma ricordiamo che  lo spettacolo non è soltanto un insieme di immagini,  esso è piuttosto un rapporto sociale fra persone mediato dalle immagini.

Vivere nella società dello spettacolo non significa solo vedere le immagini  intorno a noi, per esempio le immagini invasive e pervasive della pubblicità e della televisione, significa piuttosto che tutto ciò che un tempo era vissuto direttamente si è trasformato in una rappresentazione.  Non siamo più solo parlati dalla lingua, siamo anche vissuti dalle immagini.

Due esempi televisivi.  Il successo della formula televisiva del reality show , dove la frustrazione  accunmulata nella vita quotidiana si converte nel piacere voyeuristico provocato dall’osservazione di  falsi vissuti altrui: quei personaggi sono forse meno veri di coloro che li guardano?

Le cronache radiotelevisive degli avvenimenti sportivi dove due  o più speakers simulano e anticipano con un dialogo concitato l’intervento e il commento del pubblico,  privandolo in tal modo anche della possibilità della propria partecipazione e riducendolo alla totale passività dell’ascolto, all’imitazione dei linguaggi e all’assimilazione dei giudizi.  Avete notato come il linguaggio delle persone ripeta nei luoghi della quotidianità quei modi di dire e, simmetricamente, come il linguaggio comune, con le sue volgarità, si adotti sempre più spesso in televisione?   Non è forse  questo il “comune sentire”?

In questa prospettiva la coscienza individuale,  immersa  in relazioni di scambio in tempo reale, virtuali ed illimitate,   si  annichilisce nella sua passività, fino ad arrestarsi in uno stato di paralisi, che ricorda la tecnica mimetica di difesa adottata da molti animali. Per sopravvivere essa regredisce allo stadio infantile dei desideri, più semplici da capire della realtà circostante, mantenendo la sola capacità di volere e rinunciando a quella d’intendere.

La coscienza individuale non vede ciò che è troppo lontano   e non osserva ciò che è troppo grande. Formata in decenni di marketing e pubblicità invasiva,  essa si affida  alla  percezione immediata  di relazioni molecolari, di frammenti d’immagini di vita illuminati dalle  informazioni  messe di volta in volta a disposizione dai mezzi di comunicazione.  Si ricompone in tal modo una  pseudo realtà come  effetto stroboscopio,  una successione discreta di immagini senza necessariamente delle relazioni apparenti.

Sempre più privata del vissuto, la vita scorre come una serie d’immagini davanti allo sguardo digitale. Illusione del vissuto  come illusione del movimento provocato dalla successione di fotogrammi

Si tratta di una semplificazione della visione del mondo  che  è ad un tempo razionale ed emotiva.  Razionale perché  la coscienza si ritira  in uno spazio chiuso e limitato e quindi più controllabile,  emotivo perché tende a ritrovare e  ristabilire la sicurezza perduta.  D’altra parte, nel mondo globalizzato, che rimane pur sempre costituito da società parcellizzate, la generalizzazione è diventata l’unica modalità possibile di conoscenza per la collettività.

La coscienza collettiva tende ad essere la somma delle coscienze individuali, sicchè il comportamento di un popolo assomiglia sempre più al comportamento individuale e, viceversa, il comportamento dell’individuo rispecchia la cultura del suo popolo.   Cos’è dunque oggi il populismo?

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