Gli esiti elettorali mostrano che i partiti sono ormai ridotti ad un brand ideologico utilizzato al solo fine di familiarizzare gli elettori: votare a sinistra o a destra oggi non significa più essere di sinistra o di destra. In un mondo globalizzato in cui regna il pensiero unico-economico la distribuzione dei valori che ha guidato per un secolo le scelte elettorali nelle democrazie occidentali, tanto a destra quanto a sinistra, non coincide più con la distribuzione dei partiti che ad essi si richiamano. Ciò accade perché i problemi nelle democrazie sono a un tal punto di accumulazione che chiunque si trovi a governarli sarà indotto, scegliendo di agire all’interno del pensiero unico-economico, ad adottare le stesse soluzioni.
Il mito novecentesco dell’uomo forte si è tramutato nel nuovo millennio nel mito dell’ uomo del fare. Non un capo, ma un manager, non un leader che unisce un popolo su ideali perseguendo la visione dell’interesse lontano, ma un manager che gestisce le risorse per gli interessi vicini dei singoli. Compromessi i partiti, unica istituzione che insieme alla Chiesa funzionava in Italia, banditi i politici di professione, fallita l’esperienza dell’imprenditore di successo al governo si assiste oggi alla scesa in campo del manager , prototipo dell’uomo del fare. Tutto ciò mentre il dilagare della corruzione e dell’illegalità mostra a tutti che la questione morale non sta nei partiti ma nella società e il vero, specifico problema della democrazia italiana è la selezione di una nuova classe dirigente, onesta e capace di guidare il paese fuori dalla catastrofe annunciata.
Se adottiamo questo criterio come test e ci domandiamo quale partito in questi ultimi cinque anni stia selezionando questa nuova classe dirigente, allora dobbiamo constatare che non i partiti ma il M5S ha investito in questo processo di rinnovamento formando nuove figure politiche che, partite dal basso, agendo nel territorio con l’impegno militante , premiati da una crescita del consenso popolare a livello nazionale, si propongono oggi per amministrare i grandi Comuni e domani di guidare il Governo.
L’acredine che la sinistra manifesta contro il M5S è spiegabile solo con la frustrazione provata nei confronti di un competitore vincente che di fatto, al di là delle debolezze ideologiche pure esistenti, ha utilizzato le modalità di fare politica che ricordano quelle del vecchio PC quando conquistò la sua forza popolare, sapendo coniugare la modalità classica della politica militante con la modernità della rete. Se il rinnovamento riguarda il futuro ma deve mostrarsi subito nel presente a chi se non ai giovani affidare il compito? Se la corruzione è alimentata dal potere di chi meglio fidarsi se non dei neofiti della politica purché motivati eticamente? Il M5S non ha avuto bisogno di inventarsi alcuna “rottamazione” perché incorporava il processo di rinnovamento nei suoi stessi giovani componenti, proponendo un ricambio generazionale nella politica non agito all’interno dei partiti esistenti, ma promosso a partire dalla società stessa: un ascensore sociale per la formazione di una nuova classe dirigente fondata sul merito.
Quali sono dunque quegli indicatori che possiamo utilizzare per verificare la realtà e il valore di questo processo di rinnovamento? La precondizione dell’onestà richiesta ad ogni candidato, la concezione della delega parlamentare limitata nel tempo e con vincolo di mandato, il ruolo dell’eletto come portavoce della volontà popolare con l’obbligo di riferire e rendicontare sulla propria attività piuttosto che un ruolo di rappresentante che agisce la delega in relazione al partito di appartenenza, la necessità di formarsi costantemente con lo studio e l’approfondimento della materia.
I toni a volte ossessivi che caratterizzano i comportamenti dei “grillini” (denotazione che personalmente trovo negativa e che dovrebbe essere abbandonata al più presto) ci dicono che ancora sussistono nel M5S quelle incertezze tipiche dello stato adoloscenziale di un movimento politico , ma la loro velocità di crescita, non tanto quella elettorale quanto quella verso la piena maturità politica, ci fanno sperare nelle loro capacità di sparigliare l’asfittica partita politica in atto nel nostro paese. Abbiamo bisogno del M5S dal momento che nell’evoluzione l’intelligenza è la capacità di apprendere, prima ancora che di adattarsi all’ambiente.