La cultura non è spettacolo.

PaideiaLa formazione politica di coloro che aspirano a governare un paese e dunque a costituirsi classe dirigente in un popolo dovrebbe fondarsi su una solida preparazione sia filosofica che scientifica: la filosofia per comprendere i fini, la scienza per conoscere i mezzi. Gli antichi greci la chiamavano paidèia,

il modello educativo con il quale si istruivano i giovani e che era sinonimo di cultura e di educazione alla cultura.  Lo spirito di cittadinanza e di appartenenza costituivano infatti un elemento fondamentale alla base dell’ordinamento politico-giuridico delle città greche. L’identità dell’individuo era pressoché inglobata da quell’insieme di norme e valori che costituivano l’identità del popolo stesso, tanto che più che di processo educativo o di socializzazione si potrebbe parlare di processo di uniformazione all’ethos politico. Come afferma Giovanni Reale: “La forza educativa proveniente dal mondo greco ha caratterizzato l’Occidente a partire dai Romani; è poi più volte rinata con continue trasformazioni col sorgere di nuove culture, dapprima con il Cristianesimo, poi con l’umanesimo e il rinascimento” e  qui aggiungiamo con l’illuminismo.

D’altra parte la politica è il modo di amministrare la comunità dei cittadini avendo per fine il bene di tutti, ma quale sia il bene di tutti non è la politica a rivelarcelo, bensì la filosofia. In questa originaria  concezione della politica il modo, ovvero il rapporto tra mezzi e fini, non è di natura meramente strumentale come il cinismo di maniera tipo il fine giustifica i mezzi vuole fare intendere (motto per altro erroneamente attribuito a Niccolò Macchiavelli), bensì di natura morale. La politica andrebbe intesa come una pratica inerente alla razionalità scientifica e che dovrebbe conformarsi all’etica.

Il minimo comune denominatore tra la politica, la formazione, l’identità, i valori, i principi, l’etica, il diritto, la fede e la conoscenza è la cultura. La cultura come sedimentazione dell’insieme patrimoniale delle idee ed esperienze condivise da ciascuno dei membri delle relative società di appartenenza, dei codici comportamentali condivisi, del senso etico del fine collettivo e di una visione identitaria storicamente determinata. Singolare è la sua etimologia, che discende dal verbo latino colere (coltivare) l’utilizzo del quale è stato poi esteso a quei comportamenti che imponevano una“cura verso gli dei”, da cui il termine “culto”.

E la cultura prodotta da un sistema vivente si comporta come i sistemi viventi: un equilibrio dinamico che va alimentato con quantità crescenti di energia.  Un ordine che si oppone alla naturale tendenza dei sistemi isolati all’aumento dell’entropia, che spontaneamente  tenderebbero alla morte termica. Per questo esistono forme organizzate di convivenza tra gli esseri umani, in cui si evolve la funzione dello Stato che agisce come un catalizzatore nei confronti delle componenti sociali, le istituzioni, le quali costituiscono  i reagenti che operano le trasformazioni della società.

Quanto al divenire della civiltà, l’equilibrio instabile a cui tendere e da mantenere si pone tra la misura delle cose e i confini della logica: per Orazio (Satire I) esistono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto, per Göedel (teoremi di incompletezza) se un sistema formale è logicamente coerente, la sua non contraddittorietà non può essere dimostrata stando all’interno del sistema logico stesso. La cultura è civiltà.