Fermiamo la democrazia diretta, nel baratro

images-2L’invocazione dei partiti rivolta a Giorgio Napolitano perché accettasse la  ricandidatura alla Presidenza della Repubblica ha ben più che mostrato l’inconsistenza del Partito Democratico, ha decretato il fallimento della democrazia parlamentare. Lo straordinario potere già esercitato dal Presidente della Repubblica in questi ultime settimane, che è seguito alla fine della illusione bipolarista decretata dagli esiti elettorali, ha rivelato l’immaturità del sistema parlamentare italiano, incapace di costruire una unità a fondamento di un governo, mostrandosi diviso tra nostalgie ideologiche e interessi di casta.

La futura sinistra italiana, che pure emergerà da queste macerie, prenda atto degli esiti delle ultime elezioni che hanno mostrato come il nostro paese abbia ancora bisogno di un populismo per essere governato e che i populismi vanno essi stessi governati. Dunque, metta al più presto nella propria agenda politica tra le altre priorità anche quella di una radicale riforma costituzionale che contempli il passaggio ad una forma di Repubblica presidenziale (modello francese o modello americano?). Di fronte al diffondersi di vecchi populismi e al sorgerne di nuovi, il futuro partito della sinistra non dovrà commettere l’errore (come avvenuto più volte in passato, per esempio sulle questioni dell’immigrazione, della sicurezza, delle tasse…) di abbandonare il tema delle riforme costituzionali agli interessi equivoci di una destra ignorante e populista.

La capacità di ascolto della crescente insofferenza che il popolo mostra da anni, non solo causata dalla crescita delle diseguaglianze economiche, non solo per il mancato riconoscimento di alcuni diritti, non solo per la perdita di quanto è più fondante esista per la dignità umana ovvero l’aspettativa di un futuro migliore,  ma anche per la frustrazione derivante dal non essere considerati come cittadini  che intendono partecipare alle scelte per il proprio paese, questa capacità di ascolto dunque deciderà della affermazione politica e di conseguenza elettorale del futuro partito della sinistra italiana.

Presidenza, Segretario e Segreteria dimessi: che ne sarà del PD?  Deve interessare la brace non la cenere. I soggetti in grado di costruire questa nuova realtà politica sono evidentemente già esistenti, non solo nella società civile ma anche all’interno degli stessi partiti che oggi si collocano a sinistra. Essi hanno solo bisogno di liberarsi della vecchia nomenclatura e di buona parte della loro cultura ideologica che li ha formati. La dissoluzione della nomenclatura e delle sue incrostazioni ideologiche sono processi già al lavoro, occorre avere il coraggio di accelerare il fenomeno prendendo atto che l’idea di mantenere all’interno di un Partito Democratico anime e personalità così diverse è sbagliato e che è giunto il momento che le correnti divorzino ed ognuna segua il proprio destino. Non si deve temere la scissione di un partito quanto piuttosto la forzata convivenza in esso di opinioni e visioni tanto diverse.

Matteo Renzi si liberi e persegua la conquista del centro-sinistra muovendosi tatticamente dalla sinistra ma avendo strategicamente il centro come fine. Quanto alla ricostruzione di un partito della sinistra a Fabrizio Barca l’onere della prova di realizzare un partito nuovo per un buon governo con a fianco Nichi Vendola, emendato dall’errore commesso di essersi separato dal PD avendo così consentito a Renzi di proporsi come il riformatore. Con la consapevolezza che quando la testa (Barca) si mantiene troppo a lungo  separata dal cuore (Vendola) è la pancia a prendere il sopravvento (il populismo di destra).

Siamo giunti a condizioni di precarietà del nostro regime democratico, analoghe a quelle che caratterizzarono la sua nascita nel dopo guerra: abbiamo per ciò bisogno di una nuova Assemblea Costituente che sia promossa dal nuovo partito della sinistra e da questo ispirata.