Perché votare M5S.

 

UnknownSotto un profilo di ragionevolezza l’establishment vuole fare intendere ancora una volta che l’economia ha un valore oggettivo indipendente da qualsiasi posizione ideologica, ovvero che per risanare l’economia bisogna sottoporsi a sacrifici in un regime di austerità; far intendere che questo non è preteso da volontà neoliberiste ma oggettivamente da fattori economico-finanziari. Gli atteggiamenti anti-establishment vengono visti quindi in una logica tipo “Dio perdona a coloro che non sanno quello che fanno” nella convinzione che populismi di ogni genere portino allo sfascio economico nuocendo proprio a coloro che dalla crisi vorrebbero emergere e che una sana politica di austerità e sacrifici vorrebbe risanare. La critica è rivolta soprattutto a quei partiti che seguono in una visione populista la volontà popolare per ottenere il consenso anziché guidare e dirigere. La posizione assunta dall’establishment e quella di chi sa ed è purtroppo costretto a subire l’ignoranza e a lottare contro tutti per il bene di tutti.

L’uomo dell’establishment per antonomasia della politica Italiana è il senatore Mario Monti; senza timore di smentita quanto sopra esposto e senz’altro il suo pensiero. Del resto, data la sua posizione economica e sociale, un suo personale interesse economico in politica è improbabile: comunque vadano le cose in questa vita nessuna crisi lo potrà mai anche solo sfiorare. Rimane dunque persona super partes, insospettabile anche a se stesso. Ha generosamente aiutato a evitare il default al Paese e come ricompensa ha avuto un immeritato ringraziamento elettorale, addirittura con la sua personale scomparsa dalla scena politica.

I grandi uomini che salvano la nazione non sempre hanno riconoscimenti (vedi Churchill). Eppure, ricordo di lui al governo: si disse meravigliato e “ Mi hanno riferito che i salari e gli stipendi degli Italiani sono tra i più bassi d’Europa… questo non lo sapevo”, dopo una pausa aggiunse “vedremo di fare qualcosa”. Ricordo ancora che commentando in altra trasmissione, Cofferati disse “Mi meraviglio che Monti si meravigli”. Fu l’unico.

Ma come? il grande luminare dell’economia, Presidente del Consiglio, cui è stato affidato il Paese, non si è informato su quali siano le retribuzione dei “sudditi” ovvero delle loro condizioni di vita e di sopravvivenza? ma in che mondo vive? Ho pensato che avesse ironizzato, ma sarebbe stata un’ironia del tutto fuori luogo, inoltre quel “vedremo di fare qualcosa” confermava la serietà dell’asserito. Questa sua gaffe definibile più correttamente come un’enorme stratosferica bestialità non fu né notata né ripresa dai media. Questa sua gaffe era tuttavia la dimostrazione che chi vive nel mondo della finanza non ha alcuna idea di come vive la gente; nella fatidica torre d’avorio l’establishment controlla i destini delle umane genti con preoccupazioni che riguardano solo la Macroeconomia e l’Alta Finanza; sono fini esperti e grandi conoscitori del Mercato e delle sue leggi.

Sono gli dèi del Mercato e come tali gli adoratori del Mercato affidano agli dèi le loro vite, pendono dalle loro labbra, ambiscono e sperano di entrare nella torre. Risultato: perdita dei diritti, diminuzione dei salari, disoccupazione, precariato, tagli ai servizi, alla sanità, sfruttamento del lavoro, lavoro nero, nepotismo, voto di scambio, corruzione; paura, rancore, odio, perdita della solidarietà, incertezza sul futuro. Ovunque. Questo il mondo che il neoliberismo va prospettando.

Una direttiva morale ha da sempre guidato la mia vita, applicabile a ogni situazione “Le cerimonie sono fatte per gli uomini e non gli uomini per le cerimonie”, nella fattispecie: ”L’economia è fatta per gli uomini non gli uomini per l’economia”. Il bene comune segna la centralità dell’Uomo e non dell’Economia, un primato che deve essere espresso nella Costituzione anche sul Lavoro.

Un governo deve avere come fine il benessere (miglioramento del welfare state) e la serenità dei cittadini, con riferimento alla cultura intesa come progresso in civiltà e asservire l’economia a questo fine lottando contro ogni disuguaglianza sociale ed economica. Bisogna essere per il popolo non fare la sua volontà, questo è l’unico modo di dargli sovranità, sovranità che risiede nella dignità cui ciascuno al pari di chiunque altro ha diritto. Populismo quindi ha due intendimenti: fare la volontà del popolo, accodarsi alla pancia per acquisire consenso, o restituire a tutti la dignità di una vita che vale la pena di essere vissuta.

Regna nella testa di tutti una grande confusione e si riuniscono nella stessa categoria sotto un unico termine tutti populismi che sono contro l’establishment , ma mentre le destre cavalcano il dissenso che viene dalla pancia, esiste anche chi vuole restituire al popolo la dignità, ovvero la certezza, la sicurezza, la serenità del lavoro e il tempo libero per crescere la propria cultura fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.

Ora i media cercano di fare un solo fascio dei Salvini, dei Le Pen, dei Trump, dei no-global, del movimento 5stelle, chiamando il tutto dissenso anti-establishment. Come sempre nessuna precisazione su che cosa debba intendersi per establishment o “sistema economico-politico” per cui regionalmente in Italia si è inventata l’”anti-politica”, un termine che riassume nella più totale confusione gli orientamenti più disparati, usando le malefatte di uno per criminalizzare tutti gli altri come appartenenti alla stessa razza. Questo per mettere al riparo un governo dalle sue malefatte, quasi che lottare contro il neoliberismo e la corruzione fosse un movimento di pancia contro la politica in generale. Come sempre si critica il trono attraverso chi ci si siede. Vero è che questo intendimento qualunquista è stato cavalcato dal populismo di destra ma il movimento5stelle non ha della politica questo avviso penso anzi che ritenga la politica l’unico mezzo per ridare dignità ai cittadini ovvero che stia facendo riacquisire anche alla politica la dignità dovuta al suo nome. Solo la cultura ci salverà.




Il Partito della Nazione è morto

quadrante-orologio-a-muro-narabiAscoltati i commenti al voto dei vari “politologi” nei salotti televisivi, mi rendo conto di quanto le analisi esposte siano ancora prigioniere di uno stesso modo di pensare. A parere degli opinionisti pare che il successo del M5S sia dovuto alla forma più che di contenuti. La domanda da parte di tutti costoro, è: in che cosa si è sbagliato? Gli errori presi in considerazione riguardano la propaganda, l’opportunità , la scelta dei candidati. Vincere o perdere dovuti dunque solo alla strategia al di là e al di sopra di qualsiasi contenuto mai da nessuno peraltro preso in considerazione. Non parlo dei programmi, possono far parte anch’essi della propaganda, ma del vero contenuto: la stanchezza del paese verso il malcostume politico della destra e verso il neoliberismo renziano, il tutto sullo sfondo di un malcontento per una crisi che ancora non vede sbocchi. L’elettorato sembra essere stanco di chi “ci mette la faccia” e ha voluto vedere “facce pulite”. Politici che emergono dal popolo, dai cittadini, senza pretese elettorali di nessun genere né per ambizione propria né per il movimento se il successo non si traduce nel bene comune di tutti.

Possiamo anche ridere di girotondi al grido di “onestà, onestà” come a un modo non serio di fare politica, ciò non toglie che l’onestà è un valore assoluto, una condicio sine qua nessuna politica può essere degna di tale nome. Condizione necessaria e non sufficiente. “Se sei malato” citava Sgarbi a proposito di Croce   ”vai da un medico non da una brava persona”. Un filosofo, Platone, diceva molto prima di Croce: “Un bravo medico non è solo una persona capace, ci mancherebbe altro, ma una persona che si prende cura del paziente” . Questo “prendersi cura” non è un’aggiunta ma il fondamento della morale in cui si evidenzia che la finalità del compito assunto è la persona e il mezzo è il servire, un concetto cristiano quanto buddista. I 5stelle hanno ripetuto in ogni occasione, allo sfinimento, che il loro fine è aiutare i cittadini e non far crescere il movimento: “Non ci interessano i vostri voti”. Confido che i 5stelle non lo dimentichino mai. Per diventare medici basta studiare, per essere bravi medici bisogna continuare a studiare, continuare anche quando si è ottenuto il ruolo o la poltrona. La serietà di questo impegno protratto da diversi anni ha premiato il movimento.

Una cosa è certa a meno di un Cristo che resuscita i morti, del Partito della Nazione non sentiremo più parlare se non per commemorare il suo funerale. Nessuna strategia politica operata dal PD potrà più risalire la china. Sentiremo anche parlare sempre meno di antipolitica, di voto di protesta, di leader teleguidati, argomenti che sono stati bandiere propagandistiche di quasi tutta la stampa a detrimento del M5S. Non si tratta di una stampa asservita o di regime, ma solo di mestieranti che non conoscono la professione e pensano a vendere e a vendersi, più che a far emergere la verità. Essi stessi vittime della chiacchiera che producono.

L’affermazione dei 5stelle nonostante una campagna di diffamazione che ha usato pregiudizi popolari contro il movimento, è senz’altro dovuta più che a un desiderio di onestà, alla volontà popolare di farla finita con la Casta. In questa categoria rientrano tutti i poteri forti della finanza (banche) e della politica (inciuci di ogni specie e natura). Nessuno dice che il successo dei 5stelle sia dovuto ai 5stelle, a quello che rappresentano in quanto “sono”, rappresentano cioè una parte considerevole della volontà popolare che i partiti alla sinistra del PD non hanno saputo raccogliere.

Vero è che il movimento è ancora in fieri, ancora in fase di strutturazione, ha bisogno di radici e di foglie, ma ci si deve chiedere se questo non sia un bene piuttosto che un male. La maturità raggiunta dai partiti storici è stata rottamata prima da Berlusconi poi da Renzi e i partiti che ne sono emersi non hanno fatto altro che ripetere le malefatte senza curarsi delle radici, perdendo la memoria storica. Questo il nuovo? Hanno mostrato un cinismo politico degno della vecchiaia più fatiscente, cui è stato dato nome di “realismo”. Ricordano discorsi di quei vecchi rincoglioniti, ormai arresi, che citano se stessi : “Anch’io quand’ero giovane credevo …” deridendo i giovani. Adesso, battuti, recitano in coro: “Una cosa è stare all’opposizione molto diverso governare”. Sono quelli che la sanno lunga e tutta la stampa concorda e annuisce come fanno gli asini. Quelli che la sanno lunga, rottamati o rottamatori che siano, fanno tutti parte di un’unica categoria: quelli che non sanno quello che fanno, che pensano alla politica come all’arte di manovrare le coscienze anziché alla necessità di farle crescere. Questo modo di pensare e non altro costituisce il Sistema. La cultura, l’idea che il principale scopo della politica sia emancipare la popolazione, gli è del tutto estranea.

Non so quanto il M5S abbia compreso la centralità della cultura per la crescita morale e anche economica del paese, ma so che si sta muovendo in questa direzione. Il nutrimento di cui ha bisogno la nazione non è solo pane ma quel nutrimento culturale ereditato dai chi è stato e che siamo tenuti crescere in favore di coloro che ancora non sono. Ideali di cui il pensiero politico oggi vigente, non ha notizia alcuna.

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Saranno i Sindaci di tutti?

UnknownIl risultato più significativo delle elezioni comunali del 2016 è che solo il 50% degli italiani ha votato i sindaci, che  sono stati eletti ai ballottaggi con in media il 28% dei loro voti. Queste due percentuali sono gli unici valori che danno il senso di quanto è risultato dalle elezioni amministrative, perché sono riferiti ai valori assoluti dei cittadini aventi diritto al voto e non solo a coloro che hanno votato e quindi tengono conto del dato di affluenza, il valore più alto che emerge in tutte le città. Se confrontiamo questi due valori con le percentuali con le quali si sono rappresentati i risultati e sulle quali si sono condotte le analisi, tanto quelle emozionate dei vincitori quanto quelle sbigottite degli sconfitti, capiamo che il deficit di democrazia esistente nel nostro paese dipende non solo e non tanto dalle scorrettezze dei governanti, quanto dall’abbandono della politica da parte di una popolazione che non si percepisce più come cittadini.

Se decodifichiamo i risultati espressi ormai solo in valori percentuali (gli indici statistici non sono di così facile comprensione considerato il livello di analfabetismo funzionale esistente) e li riconduciamo ai valori assoluti di riferimento, ovvero le reali quantità in gioco che in questo caso descrivono la realtà nella sua concretezza, ci rendiamo conto della vera e profonda crisi politica del nostro paese. Quando si vuole far capire il concetto di percentuale si usa spesso la rappresentazione tramite il “grafico a torta” mostrando la percentuale come la parte (la fetta) del tutto (la torta). Ebbene, si provi per la propria città a disegnare su un foglio una torta (che rappresenta il numero di elettori) e poi si delimiti  una fetta magari con un diverso colore che rappresenti la quantità di voti raggiunti dal sindaco eletto: si dovrebbe provare un certo stupore nel constatare con quanti voti in realtà sia stato eletto il proprio Sindaco. Appaiono a questo punto ben diversi i valori percentuali pubblicati e diffusi dai media sui quali politici, opinionisti, giornalisti formano le proprie opinioni.  Nella mia città Milano, per esempio, il Sindaco Giuseppe Sala vince la consultazione col 51,70 % dei voti rispetto al totale dei votanti, ma solo con il 26,27% dei voti rispetto ai cittadini milanesi. In altri numeri, in valori assoluti, Giuseppe Sala è stato scelto da 264.481 milanesi su un totale di 1.006.701.

Invito a verificare i conti per tutte le altre città, utilizzando per esempio i dati pubblicati da TGCOM24, per avere un quadro generale su tutto il territorio nazionale e constatare quanto il fenomeno sia generalizzato. Nelle altre quattro città principali oggetto dell’attenzione politica di queste ore è avvenuto lo stesso fenomeno: a Roma Virginia Raggi è stata eletta col 32,60 % dei cittadini romani, a Torino vince Chiara Appendino col 29,194, a Bologna vince Virginio Merola col 27,91% e a Napoli è Sindaco Luigi De Magisteri col 23,58%.

In questa prospettiva ci dobbiamo interrogare sul significato della buona intenzione “sarò il Sindaco di tutti”. Per rispondere credo si debba fare prima un fondamentale distinguo tra le due principali formazioni politiche che si sono confrontate (direi piuttosto affrontate) in queste elezioni: il M5S e il PD. L’opinione del giorno dopo si è concentrata sulla novità delle due giovani donne elette Sindaco, ironia della sorte, proprio nella capitale dell’Unità d’Italia e in quella precedente dello Stato Sabaudo. Certamente un caso, tuttavia più che per una questione di genere la vera novità sta nella giovane età delle due Sindaco: 38 anni il Sindaco di Roma, 32 anni il Sindaco di Torino. L’Italia non è un paese per giovani, come la migrazione verso i paesi esteri e l’invecchiamento della popolazione dimostrano, e bisogna riconoscere che il M5S è la sola forza politica che in questi ultimi anni si è occupata, con successo come i fatti dimostrano,  di ricostruire una classe dirigente capace, a partire dal basso e dai giovani e fondata sull’onesta, i diritti, la partecipazione e la responsabilità, principi e valori ormai trasversali tra le giovani generazioni cresciute ormai al di là delle appartenenze ideologiche o di potere. Mi è piaciuto sentire da un loro esponente, uno di quelli appunto selezionato sui principi e valori, che si sentiva responsabile per essere un “portatore della speranza” per i cittadini e non più, aggiungo io, “un portatore d’interesse” per gli elettori.

A ben vedere i modi che il M5S ha utilizzato per crescere, come per esempio la militanza quotidiana sul territorio, sono gli stessi del vecchio PCI, sebbene questo agisse all’interno di una concezione ideologica che poneva alle avanguardie organizzate in partito il compito della guida della classe operaia. Quanto al PD, l’attuale suo segretario e Presidente del Consiglio appartiene pure alla giovane generazione di politici (divenne Sindaco di Firenze a 34 anni e ancor prima Presidente di Provincia a 29 anni), ma il suo insediamento al potere senza il sostegno del voto popolare e la sua irruenza, quasi volesse utilizzare l’attività di governo come propaganda elettorale per accreditarsi di fronte agli italiani, ha mostrato la sua debolezza nell’aver “predicato bene ma razzolato male”: che n’è stato della rottamazione? Come valutare l’operato delle giovani donne Ministro di cui si è circondato? Il tentativo di identificare il M5S con i suoi fondatori, visti come esponenti privati che condizionano dall’esterno la loro politica, si è rivelato nel tempo perdente nella misura in cui i “pentastellati” arrivati in Parlamento hanno studiato e imparato a capire la realtà sociale e politica del paese  più rapidamente di quanto il PD riuscisse a trasformarla.

Il caso di Giuseppe Sala Sindaco di Milano rappresenta forse un’eccezione. Partito con l’handicap di essere stato fortemente voluto dal Segretario-Presidente del Consiglio Matteo Renzi, con ciò provocando in occasione delle Primarie la spaccatura della sinistra milanese, vedendosi in parte erosa la fiducia acquisita come manager dell’Expo da parte dell’abile manager “fotocopia” contendente del centrodestra, ha saputo soprattutto nella pausa per il ballottaggio riconquistare la fiducia nell’area della sinistra, mostrando una personale maturazione politica che lo ha fatto percepire autonomo e sincero nelle sue intenzioni di incidere sulle periferie e interrompere lo sviluppo di una “Milano a due velocità”.

L’analogia che colgo nella apparente crescita, da una parte della nuova classe dirigente espressa dal M5S, dall’altra di un nuovo esponente per origine e stile del riformismo di sinistra, può essere una buna ragione per considerarli i “portatori della speranza”.




Luci della ribalta

È quello che siamo tutti: dilettanti. Non viviamo abbastanza per diventare di più. (Luci della ribalta, C.Chaplin)

È quello che siamo tutti: dilettanti. Non viviamo abbastanza per diventare di più. (Luci della ribalta, C.Chaplin)

La sceneggiata offerta dai politici alla Camera dei Deputati, causata dall’ abbinamento forzato e nascosto del decreto Imu-Bankitalia e agìta secondo i loro livelli culturali, già oscura con i suoi clamori la proposta di legge elettorale, messa in disparte e rimandata. Matteo Renzi spiazzato dalle agende del Governo e della Camera si defila dalla ribalta, mentre la sguaiata opposizione del M5S da rumore di fondo diventa segnale. E che segnale: dall’attacco ai politici e ai governanti si passa all’attacco delle persone che ricoprono le massime Istituzioni dello Stato quali la Presidente della Camera e il Presidente della Repubblica, colpevoli di fare politica di parte e di non garantire nella trasparenza i diritti di tutte le parti, e all’attacco di quei giornalisti o intellettuali che li criticano apertamente. 

Il comportamento adottato dai parlamentari del M5S in relazione a quello dei demiurgi che li guidano, indipendentemente dal contenuto di verità delle loro affermazioni, richiama alla mente la strategia del Dipartimento per l’agitazione e la propaganda del fu Partito Comunista Sovietico, ricordata come agitprop, termine acronimo che per antonomasia è stato da allora utilizzato per descrivere in politica la figura del provocatore. Negli anni che seguirono il ’68  si usava la logica del cui prodest?  per scovare gli estremisti responsabili degli attentati politici.

Oggi quel metodo a quali spiegazioni ci condurrebbe? Mentre la sinistra si arrovella nella ricerca di incostituzionalità e di attacchi alla democrazia, il populismo sia di destra che di sinistra cerca il salvatore della patria ed ha fretta: dopo Silvio Berlusconi oramai in declino alla ricerca di una successione ecco affermarsi il decisionista naïf Matteo Renzi e, perché no, quel giovane sanculotto Alessandro Di Battista.

Gli uomini del fare si richiamano alla concretezza e vivono di percezioni: si concentrano sul qui ed ora, mentre il loro pensiero debole riposa tra rimozioni e proiezioni.  La velocità con cui le notizie e i commenti si susseguono nei media, velocità notevolmente accelerata dalla potenza del web divenuto il pace maker dei giornali e televisione, obbliga la realtà a mutare continuativamente, sottraendo tempo alla riflessione e inducendo all’oblio.

Avverte Macchiavelli:  “Tu bada ben che l’aver in le tue mani il potere della Repubblica e il plauso di chi crede che si possa governare senza inganno non ti è bastante, poiché non è tanto la novità che conta, ma produrre il nuovo. Quindi ascolta e provoca il popolo perché parli a costo di causare in te risentimento (…)”




Democrazia e demografia.

images-1Beppe Grillo potrebbe oggi sembrare un eroe della mitologia greca che ha sfidato i politici (gli dei) e nella sua tracotanza (hybris) potrebbe gridare al mondo: quando sento parlare di senso di responsabilità metto mano alla pistola. Ed avrebbe ragione. Tutti adesso si appellano al senso di responsabilità, sono quelli che hanno perso e che oggi ci dicono che noi tutti siamo nella stessa barca. Io temo queste persone e questa politica perché per criticarle possono bastare motti come quest’altro di Goebbels: per la politica il carattere conta molto più che l’intelligenza: è il coraggio che conquista il mondo.

Prima la campagna elettorale con i sondaggi, poi i commenti sui risultati. La politica come il calcio: un’ora di partita e una settimana di chiacchere. Recita un detto popolare mantovano: toti i asin menen la coa, toti i coioni disen la soa (ndr: tutti gli asini menano la coda, tutti i coglioni dicono la loro).  E’ penoso assistere allo scorrere nei dibattiti televisivi delle facce pallide e frastornate del centro-sinistra balbettare ossessivamente spiegazioni assurde con il loro linguaggio onanistico da perdenti, un  linguaggio incomprensibile fatto di analisi politichesi sul capello diviso in quattro.

Tutti gli osservatori e opinionisti sono concordi nel ritenere che con le elezioni 2013 abbiano trionfato i populismi. A quello già noto di destra di Berlusconi consolidato in venti anni si sarebbe contrapposto quello di sinistra dei grillini (un M5S capace in breve tempo di raggiungere 8.688.000 voti, dragando il 30 % dei voti dal centro-sinistra, altri dall’astensionismo e il 39% dalla Lega e il Pdl). E’ stato giustamente osservato che M5S costituisce da solo una “grosse Koalition”.

Dunque la novità sarebbe che si sono resi visibili diversi populismi ascrivibili  a diverse sensibilità politiche. La verità però, una verità che si poteva conoscere da molti anni ma che è stata nascosta prima dalle ideologie e poi dalla illusione del bipolarismo, è che la cultura arretrata italiana ha bisogno del populismo per fare politica ed oggi con il doppio populismo si è almeno ridotto il qualunquismo.

L’avanzata inesorabile del M5S ci sta mostrando una strutturale novità: la formazione di un nuovo blocco sociale ancorato su una base generazionale e non più ideologica, costituito da una classe di cittadini grosso modo compresa nella fascia d’età tra i 20 e i 50 anni. Una nuova classe di ‘giovani’. Come se si fosse avvertito che il declino del paese potesse anche dipendere dall’invecchiamento della popolazione (l’indice di vecchiaia ha raggiunto in Italia una valore ragguardevole, secondo in Europa, ed è destinato a crescere nei prossimi tre decenni).

Altro che rottamazione, si tratta di una rivoluzione culturale che può scaturire in una profonda rivoluzione sociale. Qualche cosa di simile a quanto è accaduto alla fine degli anni sessanta, quando i figli del baby boom e del benessere rivendicarono la propria esistenza contro la società autoritaria. Oggi però i vettori della protesta non sono più gli studenti, essi sono cresciuti e diventati normali cittadini lavoratori e precari, insegnanti, operai, professionisti, piccoli imprenditori. Appartengono alla classe d’età 20-50 anni, ovvero la generazione nata tra il 1963 e il 1988: i figli dei sessantottini e parte di loro stessi, invecchiati. Molti di loro hanno una scolarizzazione superiore alla media nazionale, alcuni sono nativi digitali e comunque tutti socializzati dal web. Ciò che essi rivendicano non è solo il lavoro ma una nuova socialità, perché il lavoro viene sì considerato ancora come la condizione necessaria per la dignità umana (condizione oggi resa drammatica dalla crisi economica e dall’insipienza delle politiche fin qui adottate), ma percepito anche come condizione non più sufficiente per la crescita culturale e personale.

Non voglio passare per il Pasolini dei grillini, ma guardateli in faccia questi 163 grillini neoeletti: alla Camera 71 uomini e 37 donne con età media di 33 anni, al Senato 30 uomini e 24 donne con età media di 46 anni. Come si può pensare di comprendere e interagire con un tale fenomeno utilizzando usurate categorie socio politiche novecentesche?  Molti dei valori e dei temi che tormentano la coscienza dei politici  sono valori per molti di loro già praticati nella vita quotidiana, anche se non sempre ne sono culturalmente consapevoli. Non vanno considerati come vettori patologici antipolitici, ma come portatori sani, per lo più inconsapevoli, di una nuova politica.

Fra due o tre settimane i cronisti di tutte le reti nazionali e internazionali si accalcheranno di fronte a Palazzo Montecitorio e a Palazzo Madama per mostrare  al mondo gli imbarazzi e le emozioni di questi neofiti al loro primo giorno di scuola accompagnati dai genitori Grillo e Casaleggio, mentre giornalisti prezzolati e politici rancorosi cercheranno in loro i segni di un ulteriore degrado della politica e delle istituzioni.

Saranno per allora raggiunti possibili accordi per un’ipotesi di governabilità, sia pure transitoria? Beppe Grillo non ha paura degli inciuci di programma. E’ ben consapevole che la  forza del M5S sta proprio nella capacità di condizionare la politica dei partiti rimasti e quindi nella negoziazione. Per i leghisti della prima ora Roma era ladrona, per i grillini contemporanei è invece il tempio da cui cacciare i mercanti. Il suo timore è piuttosto quello dei possibili inciuci (scouting) a cui una parte dei suoi neoeletti, insediati al Parlamento senza vincoli di mandato, possano esporsi o magari cercare individualmente per inesperienza e smarrimento in quelle acque torbide che vorrebbero rendere trasparenti. Dalla rete già echeggiano i primi rumors. Una possibilità che i partiti sopravvissuti coltiveranno più o meno cinicamente alla ricerca dei voti perduti: dìvide et impera.

Il Partito Democratico, o almeno quello che emergerà dal disastro elettorale, ha il dovere morale non di ri-costruire se stesso, con la ricerca di una strumentale alleanza  con i grillini (per altro necessaria nel breve periodo), ma di cogliere nella formazione della nuovo blocco sociale il nuovo soggetto politico che offre l’opportunità di rigenerarsi culturalmente e ristabilire una buona e moderna politica di sinistra per un nuovo welfare state da offrire al Paese.  Tutti a casa dunque, anche Grillo.