Vinca il peggiore.

Guido Rossi sullo Stato etico: “Eppure i principi della morale, benché riguardino solo la sfera individuale, secondo l’insegnamento di Benedetto Croce sono ben superiori a quelli della politica, con la quale non possono essere confusi; né tantomeno possono essere accostati al diritto, il cui scopo non è la disciplina della morale alla quale, salvo ambigui richiami, rimane del tutto indifferente. Lo stesso Hegel, che pur aveva influenzato Croce, al contrario riteneva la politica superiore alla morale individuale, poiché lo Stato era da lui considerato l’unica realtà etica nella cui eticità si attuava la libertà del cittadino”.  Siamo alle solite.  Siamo al “pensiero” che si richiama a citazioni e avvenimenti storici per spiegare autorevolmente questioni meritevoli di ben diversa analisi.

“Stato etico” è il nome assunto e dato ai passati regimi nati nell’ideologia totalitaria, prendendo spunto da Hobbes e Hegel come degenerazione del loro pensiero, nome ormai aborrito e in uso per indicare malefatte di poteri dittatoriali.  Il nome evoca nei risultati sofferenza, sterminio, morte e distruzione; l’olocausto avvenuto come conseguenza di un concetto, di un’ideologia, di un pensiero ora identificato i un nome ”lo Stato etico”. Il pathos si lega al termine e come al solito e come sempre insieme all’acqua sporca si butta via anche il bambino. Risultato è il pensiero debole: uno stato non deve essere etico. Il vizio supremo è la superficialità.

Ci mancherebbe altro che uno stato non debba essere etico, che uno stato non debba seguire alcuna morale!  Ciò è talmente evidente (ma non per tutti e non per i più) che rimane ovvio che per “Stato etico” si debba intendere un concetto ben differente da uno stato morale, essendo la morale quel bambino gettato via con l’acqua sporca.

Eppure un pensiero debole e malavitoso per 17 anni ha bandito ogni etica dal quotidiano separando nettamente il privato dal pubblico, la condotta morale del cittadino dai doveri del cittadino verso lo Stato.  A seguito di intendimenti poveri e striscianti della morale, da sempre condannata come “moralismo” (un nemico che la morale ha in odio come Dio il Diavolo) il berlusconismo ha trascinato il bambino nel fango.

Per un timore passato di  accostare “Stato” a “etica” nessuno all’opposizione ha levato la testa per difendere la morale, per proclamare che la morale è questione dello Stato, che uno Stato ha il dovere e l’obbligo di essere morale e di interessarsi di morale. Anche di quella privata. In che modo e in che limiti è altra, diversa, diversissima e fondamentale questione.

Che relazione c’è tra lo “Stato etico” così come anticamente inteso e uno “Stato morale” così come dovrebbe essere inteso?  Ovviamente nessuna.  Ma è bastato un nome per confondere gli intendimenti di tutti.  Non solo alla gente del popolo, ma anche a insigni avvocati e studiosi e politici che non sanno o non osano andare e di fatto non vanno oltre al nome. Grazie al passato Stato e morale non devono più essere accostati, un insegnamento assurto a un assurdo tabù.

Con “Stato etico” si è sempre inteso il dovere da parte dello stato di imporre individualmente la morale, di intervenire sulla morale privata dei singoli i cittadini, nella convinzione che il singolo debba sacrificare la propria morale per la superiore autorità dello Stato in cui si identifica superandolo lo spirito di tutti.

E poiché la morale imposta è stata in passato quella delle dittature (nazismo, fascismo, comunismo) si è deciso di demonizzare senz’altro lo “Stato etico” generalizzando: “Nessuna morale può essere imposta dallo Stato agli individui, la morale è e deve restare (secondo un concetto crociano) un fatto privato, un valore individuale”. Questo grande pensiero è ormai nella testa di tutti. La morale di fatto viene identificata con fini ideologici chiamati ad hoc fini morali. Una totale confusione di mezzi e fini, di educazione e di ideologia.

Premesso che la morale non può essere imposta, penso che non costituisca delitto educare, educare civilmente secondo una morale riconoscibile in linea di principio da tutti nei mezzi e non nei fini. Questo non può avvenire senza il riconoscimento dell’assoluto in morale. Affermando l’assoluto della verità morale noi affermiamo di contro a ogni relativismo la verità dell’Assoluto. Ovvero ritengo che uno Stato non solo possa, ma abbia il dovere di essere etico e di educare i propri cittadini. Ritengo che la cultura abbia il compito di portare a maturazione lo spirito dei cittadini al fine di un innalzamento generale della civiltà di un popolo ai fini di una migliore convivenza. Educare i cittadini secondo un senso morale assoluto e condiviso dovrebbe essere il primo dovere di ogni governo ben al di sopra di ogni intendimento economico.

Educare non significa ovviamente indottrinare, ovvero convertire la popolazione a una qualsivoglia ideologia o dottrina. L’Assoluto in morale si pone nell’idealità dei mezzi. Lontano dall’intervenire ideologicamente nella sfera privata, lo Stato deve tuttavia in ogni caso procurare ai cittadini ogni possibile mezzo per la maturazione spirituale. Educazione ovviamente che non si limiti al sapere erudito, ma che implica l’emancipazione dello spirito.

Alla fine tutto è molto banale e ovvio. Non deve essere proibito insegnare valori morali quali onestà, integrità, sincerità, amicizia, lealtà, correttezza, rettitudine, serietà, solidarietà, partecipazione, fratellanza, tolleranza, comprensione, disponibilità, generosità, liberalità, disinteresse, imparzialità, equità, giustizia, rispetto, considerazione, devozione, compassione … su tali valori mi aspetto siano scritti, diffusi libri, libri di testo per le scuole.

Sapere quanto siamo lontani da questo mi dice quanto siamo lontani dalla civiltà. Attualmente tali valori non solo non vengono insegnati, ma neppure discussi in alcun modo in alcun luogo. Ognuno dell’amicizia ha una privata mentalità e su che cosa debba intendersi non ci sono né riferimenti né discussioni.

Eppure sono tutti valori assoluti e universali, di massima importanza per il sociale, indipendenti da qualsiasi intendimento politico e religioso, valori ai quali nessuno è educato e a cui nessuno Stato non si sogna né si preoccupa di educare, neppure attraverso istituzioni scolastiche. L’educazione spirituale è sconosciuta. Sono, dicono, valori sottointesi in vero sono valori “sotto intesi” o non intesi per intero dalla stragrande maggioranza della popolazione.

Di conseguenza nella così detta “libertà di pensiero” l’educazione di fatto la fanno i mass media, sono i mass media a suggerire modelli di riferimento e la così detta libertà di pensiero riguarda da ultimo la ricerca esasperata dell’ultimo smartphone e del profitto procurato dai furbi a danno degli altri, la credenza in valori che tristemente nuocciono al prossimo per una immoralità condivisa diffusa e disseminata per 17 anni nel silenzio dell’opposizione per totale ignoranza del problema educativo lasciato interamente nelle mani delle parrocchie.

In 17 anni sono stai insegnati ricchezza, agiatezza, benessere, popolarità, fama, affermazione, lussuria, lascivia, prostituzione, competizione, agonismo, concorrenza, meritocrazia, nepotismo, favoreggiamento, clientelismo, concussione, corruzione, falso, ipocrisia, interesse, furbizia, disonestà …, tutti ingredienti utili per avere realisticamente successo nella vita.  Vinca il peggiore.